
Non «Prima il Nord», come nel marchio della Lega post bossiana griffata Roberto Maroni, ma «Il Nord per l'Italia». Così il coordinatore del Pdl Ignazio La Russa ha battezzato il lancio della nuova campagna (elettorale) partita ieri da Verona con un vertice tra big e amministratori di Lombardia, Veneto, Piemonte e Friuli Venezia Giulia per rilanciare la Questione settentrionale. «Il Pdl non è un partito secessionista - ha spiegato l'ex ministro Mariastella Gelmini - e la nostra politica non deve essere in conflitto con la Lega. I gruppi consiliari delle Regioni dove il centrodestra governa e con ottimi risultati, devono lavorare insieme per condividere buone pratiche amministrative e i modelli più efficaci nella gestione dei servizi». Temi di politica economica su cui si innesta la battaglia del governatore della Lombardia Roberto Formigoni per la macroregione del Nord che unendo le principali aree produttive del Paese possa competere con i colossi europei. Un argomento che inevitabilmente confligge con il decalogo della Lega che per tutta l'estate ha polemizzato con Formigoni, rivendicandone la primogenitura e ripescando Gianfranco Miglio, il professore politologo a lungo rimosso dal pantheon bossiano. Con il Pirellone laboratorio politico e la giunta Formigoni che sembra poter essere il germe di una nuova alleanza Pdl-Lega. Anche se proprio ieri lo stesso Formigoni ha piantato i paletti di fronte all'avanzata dei barbari sognanti maroniani che puntano alla Regione già nel 2013 con elezioni da anticipare in Lombardia, in cambio di un nuovo patto a Roma.
«La Lega - ha tuonato Formigoni - chiede la presidenza della Lombardia per rinnovare l'alleanza con il Pdl? Non se ne parla nemmeno, io resto fino al 2015 e quindi non mi candiderò alle politiche del 2013». Ferri corti con la Lega? «Pura propaganda». E la minaccia a Maroni è che a cadere con la Lombardia potrebbero essere Veneto e Piemonte a guida leghista. «Simul stabunt, simul cadent».
Il tutto proprio a margine del tavolo del Pdl convocato ieri a Verona sulla Questione settentrionale e a cui hanno partecipato anche la responsabile Propaganda del Pdl Laura Ravetto, il presidente del Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo, i tre coordinatori regionali Mario Mantovani (Lombardia), Enzo Ghigo (Piemonte) e Alberto Giorgetti (Veneto) e i capigruppo nei consigli regionali. «L'esempio che arriva dalle Regioni del Nord - ha detto La Russa al termine - dimostra che non abbiamo bisogno di governi tecnici». Perché «la buona politica sa dare ottimi risultati: come dimostrano Veneto, Lombardia e Piemonte che hanno saputo, senza bisogno di tecnici e banchieri, dare risposte su famiglia, sanità e mancato aumento del peso fiscale». Non solo. «Un governo degli italiani - ha aggiunto - è l'opposto di un governo imposto o di una grosse Koalition preordinata o peggio di un governo dei tecnici che faccia a meno della buona politica». Con Formigoni che insiste spiegando come l'autonomia del Friuli Venezia Giulia con il suo «statuto dal volto umano» dotato di poteri speciali, ma non caricati di privilegi, sarà il modello a cui il Pdl, basandosi sull'articolo 116 della Costituzione, si rifarà per il suo progetto di macroregione. Per la Ravetto un «contesto nel quale ce la possiamo giocare con Francia e Germania ottimizzando economie di scala ed efficienze da aggregazione. Gli agganci costituzionali e giuridici ci sono, serve la volontà politica». La Gelmini, invece, crede che il tavolo di Verona serva per formulare «una ricetta economica e un programma elettorale del Pdl che parta dall'economia reale e da quel tessuto del Nord fatto di imprenditori, artigiani e partite Iva». Già pronti i primi punti di un'agenda che comprende «attenzione a produttività, competitività e costo del lavoro».
Oltre alla «richiesta di bloccare l'aumento dell'Iva». Ricordando come, aggiunge la Gelmini, «fu già il governo Berlusconi a proporre quella detassazione di premi e salari di produttività che oggi Confindustria e Cisl invocano».