Fumata bianca o nera? Nessuna fumata, ma siamo nel grigiore assoluto. La giornata di ieri, dedicata dal capo dello Stato a una seconda tornata di consultazioni con i partiti, si è conclusa con un nulla di fatto. L'unica certezza è che il pallino sta nella mani di Giorgio Napolitano, il quale si è guardato dal rivelare le proprie intenzioni. Brutto segno. Si vede che anche lui non sa a che santo votarsi. D'altronde, per quanto scafato, non dispone della bacchetta magica per mettere d'accordo cani e gatti.
Il Pd si è incaponito nella ricerca del consenso di Beppe Grillo, convinto che questi fosse il compagno di strada ideale. Errore madornale. I grillini hanno confermato ciò che avevano detto mille volte: non siamo disponibili. Inutili e penose le insistenze di Pier Luigi Bersani, forse annebbiato dall'illusione di essere talmente bravo da persuadere chi non voleva - fermamente - essere persuaso.
Il segretario non si è mai arreso alle leggi dell'aritmetica applicate alla democrazia: se non hai i numeri per raggiungere la maggioranza ti conviene desistere. Bersani non ha desistito ed è andato a sbattere contro il muro, ricoprendosi - peccato per lui - di ridicolo. A onor del vero è tutto il Partito democratico a non aver capito subito che, considerata la riluttanza del M5S, l'unica strada percorribile per dare un governo all'Italia fosse (e sia) una alleanza con il Pdl, per altro dichiaratosi, a spoglio appena avvenuto, pronto ad una collaborazione, sia pure non eterna, coi postcomunisti.
Non era il caso che i democrat fossero tanto schifiltosi da bocciare simile soluzione. Per un semplice motivo: non ne esisteva e non ne esiste un'altra. È noto anche agli sprovveduti: la politica è l'arte del possibile. Chi è seduto in Parlamento deve prendere atto della realtà e adattarvisi. Pretendere di modificarla modellandola sui propri sogni è un esercizio insensato. Nonostante questo concetto si sia affermato da secoli, il Pd si è ostinato a respingere le profferte generose di Silvio Berlusconi, preferendo inseguire la chimera Grillo.
Ora Napolitano è costretto a sostituire il cavallo: fuori Bersani, dentro un altro. Chi? Non serve fantasticare. Il prescelto avrà comunque un compito difficile: fissare alcuni punti programmatici per affrontare le note emergenze economiche e varare una nuova legge elettorale, strappare un sì al Pd e al Pdl, quindi, iniziare a governare onde portare a casa il risultato minimo indispensabile, cioè guidare il Paese alle prossime anticipatissime elezioni nella speranza che portino alla composizione di un quadro politico più accettabile di quello presente.
Non c'è alternativa. Qualora il Pd non si sforzasse di accantonare pregiudizi e concedere al Pdl quanto chiede per entrare in maggioranza (per esempio un presidente della Repubblica non apertamente schierato a sinistra), l'Italia andrebbe incontro a una nuova consultazione elettorale con la vecchia legge e col rischio di un secondo pasticcio nel giro di pochi mesi. Sarebbe un disastro.
Questa è la situazione. C'è poco da stare allegri.
Ma un filo di ottimismo è consentito. Enrico Letta, dopo l'incontro con Napolitano, ha detto infatti che il proprio partito si atterrà alle decisioni del Quirinale. Se le sue non erano parole al vento, il governissimo nascerà. Viceversa, buio pesto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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