Roma - Iva e Imu sono scelte politiche e la decisione su come affrontare lo stop all'aumento della prima nonché la riforma della seconda, toccherà ai partiti della strana coalizione. Per farlo non si potrà che passare per uno o due nuovi vertici tra il governo e i leader della maggioranza. Il primo a fine mese.
Il governo ha aggiustato il tiro sulla politica economica e imperativo di Palazzo Chigi è non ripetere gli errori di due esecutivi del passato. Quelli del governo Prodi, prima paralizzato e poi affondato da una babele di posizioni inconciliabili. Ma anche quelli del governo Monti, caratterizzato, soprattutto nella prima fase, da scelte «tecniche» prendere o lasciare, che poi hanno fatto esplodere una serie di grane politiche.
Quindi stop alle esternazioni dei ministri. Come quelle del responsabile dell'Economia Fabrizio Saccomanni e del collega allo Sviluppo economico Flavio Zanonato sull'aumento dell'Iva «inevitabile perché non c'è copertura», pronunciate alla vigilia del primo vertice di maggioranza dedicato alle riforme economiche.
Già da qualche giorno è noto che il premier Letta non ha apprezzato le dichiarazioni dei due ministri. Anche perché al primo era stato dato il compito di trovare le coperture per le misure che fanno parte dell'accordo di maggioranza e, invece, in un momento delicatissimo, ha detto pubblicamente che le risorse «non sono rinvenibili». Posizione che il centrodestra ha bollato come fin troppo «politica» per un tecnico, nonché difficile da sostenere in una Paese dove la spesa pubblica ammonta a 800 miliardi all'anno.
Anche sull'Imu, Saccomanni aveva detto chiaramente che, più che abolirla sulla prima casa, si più rendere maggiormente progressiva. Anche in questo caso una posizione politica (è quella del Pd) che non è quella del governo. Anche perché, realisticamente, su questo e sugli altri temi, i partiti tratteranno fino all'ultimo. Poi Zanonato, con le dichiarazioni pessimiste sull'aumento dell'Iva pronunciate, tra i fischi degli imprenditori, all'assemblea di Confcommercio. Parole che avevano fatto infuriare il Pdl anche perché, come a suo tempo ha fatto notare il capogruppo Renato Brunetta, hanno gettato nella sconforto le imprese e peraltro non corrispondono a quelle del premier Letta.
La strategia del governo è evitare lo stillicidio di dichiarazioni e di affrontare i temi uno alla volta, a costo di lavorarci fino all'ultimo giorno utile. È l'unico modo per non sovrapporre polemiche e istanze politiche che separate possono essere risolte, ma prese tutte insieme si trasformano in una miscela esplosiva. Temporeggiare, anche perché a fine mese c'è il Consiglio europeo, l'appuntamento più importante non tanto per il governo Letta quanto per il Paese. Serve quindi prudenza fino al 27 giugno. Perché ogni esternazione sia in senso rigorista, sia eccessivamente lassista, rischia di fare scattare tra i partner europei dei campanelli d'allarme che renderebbero più difficile per l'Italia sostenere le tesi pro sviluppo. «C'è tempo e non abbiamo intenzione di bruciare le tappe», spiega una fonte governativa. In altre parole, sull'Iva la decisione arriverà solo a fine mese. Concordata con la maggioranza.
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