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Quel compromesso accettabile che salva il Paese

Toni misurati, argomentazioni in punta di diritto: così il presidente della Repubblica ha cercato pacificato il Paese

Corazzieri di guardia all'ingresso dello studio del capo dello Stato
Corazzieri di guardia all'ingresso dello studio del capo dello Stato

Roma - Si muove in punta di diritto, Giorgio Napolitano. Consapevole di camminare sopra una corda fragile sospesa sopra un campo minato. Per l'uomo del Colle è la prima riflessione sul tema complesso e drammatico della condanna di un leader di uno schieramento politico e della possibile sottrazione dei suoi diritti di elettorato passivo e attivo. Una analisi che lo porta a muoversi alla ricerca di un equilibrio forse impossibile tra pressioni contrapposte e a misurare con attenzione, centimetro per centimetro, di concerto con i suoi consiglieri, il confine del suo perimetro d'azione.
Il senso del suo messaggio - avvolto in quella leggera nebbia verbale utile a non scoprire troppo le carte, a non precludersi strade future e a lasciare anche che ciascuno individui tra le righe gli aspetti a lui più graditi - può essere riassunto in alcuni punti fermi. Il governo non si tocca, non sono ammesse scelte «sfasciste». Il Pd non si azzardi a staccare la spina. Tocca al Pdl scegliere «circa l'ulteriore svolgimento della funzione di guida finora attribuita» a Silvio Berlusconi. Come dire che l'aspetto giudiziario non intacca il diritto di una forza politica a farsi guidare da chi vuole e non inficia la rappresentatività politica di chi solo pochi mesi fa ha incamerato dieci milioni di voti (tema sul quale in molti si sono esercitati in queste ultime settimane). Le sentenze sono «discutibili» e non è eversivo criticare il dispositivo di una condanna. Serve una riforma elettorale «di salvaguardia». Ma soprattutto: la grazia per ora non può essere concessa e comunque è bene che ci sia una richiesta ufficiale (che equivarrebbe a una ammissione di responsabilità da parte del condannato). Ma questo non vuol dire che la strada non sia praticabile in un prossimo futuro, naturalmente dopo un esame rigoroso della pratica. Insomma devono maturare i tempi.
Giorgio Napolitano, in sostanza, mette nero su bianco alcune voci e ragionamenti sussurrati da giorni in ambienti politici. Rumours secondo i quali il Capo dello Stato non escluderebbe affatto l'ipotesi di un provvedimento di clemenza ma avrebbe raccomandato a tutti di mantenere un atteggiamento di basso profilo e di assoluta responsabilità, nella leale collaborazione tra poteri dello Stato. In particolare, secondo queste ricostruzioni, il presidente della Repubblica vedrebbe come ipotesi percorribile quella di una assegnazione di Silvio Berlusconi ai lavori socialmente utili, corredata da una esplicita richiesta di grazia. A quel punto il Capo dello Stato potrebbe esercitare i propri poteri e procedere a una commutazione della pena, anche in tempi relativamente brevi. Una sorta di «compromesso accettabile» che potrebbe mettere d'accordo l'uno e l'altro schieramento e, forse, assicurare la sopravvivenza del governo Letta.
Un ancoraggio, quello dell'esecutivo in carica, che in questo momento storico può essere solido o debole ma è semplicemente l'unico disponibile per tenere in rotta la barca Italia. E proprio su questo punto Napolitano avrebbe insistito nei colloqui informali avuti con Enrico Letta e con suo zio Gianni.

Pare mostrando anche sondaggi in cui sia gli elettori di centrodestra (60%) che quelli di centrosinistra (70%) si mostrerebbero nettamente favorevoli alla sopravvivenza dell'esecutivo in carica. Una sorta di testimonianza numerica con cui rafforzare, anzi blindare la tesi secondo cui in questo momento gli italiani di tutto hanno voglia meno che di tornare al voto.

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