Vivere è una sofferenza. Morire una tragedia. Piangere i propri cari una disperazione. E seppellire gli estranei un'arte.
L'arte in cui eccelle Walter Veltroni non è, come si crede, la politica e neppure, come crede lui, la letteratura. Ma il lamento funebre. Il pianto greco sui Grandi d'Italia. Le esternazioni mortuarie per gli addii intellettuali. Le condoglianze, via Ansa, ai figli degli uomini, ma anche delle donne, illustri.
Come li seppellisce lui, nessuno.
Nessuno come Walter Veltroni, uomo di private passioni intellettuali ma ancor più di necessarie relazioni pubbliche, si distingue per abilità, tempismo e varietà di toni nel portare il lutto mediatico per la scomparsa - sempre «prematura» e «incolmabile» - di un insigne rappresentante del mondo della cultura o della società civile.
Comunista di formazione ma di scuola democristiana, intellettualmente laico ma di indole pretesca, Walter Veltroni è un perfetto maestro di cerimonie, funebri. Un sacerdote pubblico del compianto culturale. Una primadonna della prefica letteraria. Un maestro del cordoglio artistico.
Arte, letteratura, cinema, architettura, musica, costume, società, nomi, cose, animali, fiori, città... Nulla sfugge alla commozione di Veltroni. Il più veloce e il più presente sulla scena mediatica emozionale italiana. Da un controllo incrociato nell'archivio dell'Ansa relativo all'ultimo anno, da agosto 2012 ad agosto 2013, nessun altro personaggio pubblico, anche più della stessa figura istituzionale del presidente della Repubblica, compare con la medesima frequenza e puntualità di Veltroni nel rilasciare una dichiarazione di cordoglio per qualche Grande della Patria appena scomparso.
Morto Luciano Barca, Veltroni: «Uomo di idee forti». Morto Ugo Riccarelli, Veltroni: «Uno scrittore sapiente». Morto Vincenzo Cerami, Veltroni: «Un amico e un grande scrittore». Morta vedova Borsellino, Veltroni: «Donna straordinaria». Morto Ugo Vetere, Veltroni: «Sindaco importante e uomo coraggioso». Morto Antonio Manganelli, Veltroni: «Il Paese perde un numero uno». Morta Mariangela Melato, Veltroni: «Una grande artista fra dramma e commedia». Morto Luigi Spaventa, Veltroni: «Un economista coraggioso e un uomo colto». Morta Rita Levi Montalcini, Veltroni: «Donna forte e coerente». Morta Gae Aulenti, Veltroni: «Donna sensibile che lascia traccia profonda». Morto Shlomo Venezia, Veltroni: «Scompare un testimone dell'orrore». Morto Pierluigi Vigna, Veltroni: «Un magistrato rigoroso, il Paese gli deve molto». Morto Roberto Roversi, Veltroni: «Un intellettuale raro, dura perdita per la cultura». Morto Piero Farulli, Veltroni: «Un enorme perdita per la musica, il suo insegnamento continuerà». Morto il cardinale Martini, Veltroni: «Uomo di profonda ispirazione religiosa e di infinita cultura». Morto Italo Solera, Veltroni: «Un grande urbanista, le sue idee rimarranno vive»... Benediteci Gesù, Giuseppe e Maria, adesso e nell'ora della nostra agonia.
Sgomento nell'apprendere «con grande dolore» la notizia della morte del caro estinto, tempestivo nel piangere la scomparsa, puntuale nel ricordarne la «grande passione», elegante nel sottolinearne i meriti «profondi», commosso nell'esprimere il cordoglio alla famiglia, emozionato nel rammentare i momenti di «collaborazione», orgoglioso nel ricordare gli incontri, fiero ne segnalarne il luminoso esempio alle generazioni future, Walter Veltroni è l'officiante esemplare del rito pubblico delle esequie vip.
Lo hanno sempre raffigurato, nella satira, in forma di bruco. Ma nel dramma, è un coccodrillo straordinario.
Un rappresentante esemplare del Pci: Preghiere, Commozione, Insegnamenti. Le prime si spendono, la seconda si trattiene a stento, gli ultimi si preservano.
Naturalmente predisposto alla partecipare al dolore altrui, provvisto di una capacità non comune nella scelta dei tempi e dei modi dell'esternazione, e fornito - va detto - di un eccellente portavoce e diversi ghostwriter, Walter Veltroni tra Prima, Seconda e attuale Repubblica ha tumulato con talento e mestiere (meglio e prima di tutti gli onorevoli colleghi), decine, centinaia, migliaia di italiani illustri. Senza mai dimenticare un minore, senza sbagliare una citazione, calibrando ogni aggettivo, rispettando le diverse sensibilità, scegliendo sempre la parola giusta, il ricordo pertinente, l'opera più simbolica. Con un ampio ventaglio retorico e un altissimo grado d'aggettivazione, in cui spicca una malcelata predilezione per «forte», «coraggioso», «toccante».
Lasciato con un commosso addio il Parlamento e dedicatosi esclusivamente alla scrittura, e in particolare alla narrativa - campo in cui già spiccano titoli dolorosissimi come L'inizio del buio, sulla tragedia di Alfredino Rampi, o Quando cade l'acrobata, entrano i clown,
sulla tragedia dell'Heysel -Walter Veltroni, pur libero dai doveri di rappresentanza, non ha diradato le proprie partecipazioni. Anzi. E se mai ciò dovesse avvenire, come direbbe - lapidario - lui stesso: «Ci mancherà».
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