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Angelo Rizzoli, un uomo ucciso dalla giustizia

Dopo l'arresto Rizzoli fu detenuto per oltre quattro mesi nonostante fosse malato. La sua famiglia è stata asfaltata, mentre tanti imprenditori l'hanno fatta franca

Angelo Rizzoli, un uomo ucciso dalla giustizia

Sono rimasto senza parole e mi vengono in mente soltanto parolacce per commentare il modo in cui hanno condannato a morire Angelo Rizzoli, nipote e omonimo del fondatore della grande casa editrice milanese cui si devono, fra l'altro, la stampa dell'Enciclopedia Treccani e, per un periodo non lungo, la proprietà del Corriere della Sera, fonte di guai non soltanto finanziari per la famiglia. La storia tribolata di Angelo Rizzoli è stata raccontata mille volte e a rileggerla vengono i brividi, ma ancora più raggelante è l'epilogo. Quest'uomo è stato letteralmente ammazzato da una giustizia che agirà legalmente, forse, ma è cieca, sorda e insensibile a tutto tranne che alle luci della ribalta: se si tratta di farsi pubblicità, si scatena e non si ferma più.
L'editore, che conobbe il carcere negli anni Ottanta e a distanza di lustri venne assolto, fu nuovamente arrestato il 14 febbraio scorso: bancarotta fraudolenta. Il provvedimento adottato dalla Procura di Roma aveva un nome gentile: custodia cautelare. Ma si trattava di una porcheria, specialmente in questo caso, poiché il detenuto era già praticamente semiparalizzato e impossibilitato a fuggire. Quella mattina le forze dell'ordine irruppero in casa sua e gli notificarono la privazione della libertà: in galera. Qui gli tolsero persino il bastone, senza il quale non era in grado di camminare. Dinanzi all'evidenza, bontà loro, le autorità - dopo averlo tenuto una giornata tra color che son sospesi - lo fecero tradurre all'ospedale Pertini. Che non è una prigione, peggio: tanto per capirci, la deliziosa struttura dove morì Stefano Cucchi nella maniera che sappiamo.
Da notare che il presunto criminale, oltre ad avere 70 anni, era portatore di qualsiasi malattia (esclusi l'alluce valgo e il ginocchio della lavandaia), tra cui il diabete, l'insufficienza renale, i disturbi cardiaci, l'ipertensione e la sclerosi multipla che lo accompagnava dalla giovane età, pregiudicando le sue facoltà motorie. Non bastasse questo quadro patologico, egli fu visitato dal medico e il referto certificò la compatibilità del paziente con la vita carceraria. Da restare basiti: a occhio nudo anche un infermiere alle prime armi avrebbe capito che quel signore non era debilitato bensì distrutto e bisognoso di accurata e continua assistenza, incapace perfino di recarsi in bagno se non con l'aiuto di qualcuno.
Niente da fare. La burocrazia giudiziaria e il suo apparato cinico deliberarono, anzi sentenziarono, che degli arresti domiciliari non se ne parlava neanche. Questo perché la moglie, pur non avendo da medico e parlamentare (ovviamente del Pdl) mai messo becco nelle aziende del marito, era stata coinvolta quale correa - poi prosciolta - nell'inchiesta. Cosicché i due coniugi non erano autorizzati a convivere sotto lo stesso tetto: c'era il sospetto che ordissero chissà quali altri piani criminosi. Una situazione surreale, assurda, che impedì alla signora per settimane di avere colloqui con il coniuge. Il quale per quattro mesi e mezzo fu inchiodato al letto. Gli era vietato di fare qualsiasi cosa che non fosse dormire.
Una chicca: durante l'intero periodo di detenzione al Pertini, egli fu interrogato in una sola circostanza e per 20 minuti. Se qualcuno mi spiega il senso di un simile trattamento crudele nei confronti di una persona accusata - non colpevole - di un reato finanziario, gli offro un premio in denaro da quantificarsi.
Quando in giugno Angelo ottenne la “grazia” dei domiciliari, era un ectoplasma che trascorreva il dì passando dal materasso alla poltrona e viceversa. Le sue forze, già ridotte al lumicino, diminuirono ulteriormente. È naturale. Un fisico debilitato, se obbligato all'immobilità, perde via via anche le energie residuali. In estate (inoltrata), il miracolo: libertà provvisoria. Talmente provvisoria da non essere più stata goduta da Rizzoli, ormai inabile alla deambulazione. Raramente i familiari lo convincevano la domenica a recarsi con vari sostegni in trattoria, così, tanto perché non si sentisse isolato dal consorzio civile.
Chiaro: conciato com'era, con tutti i valori sballati evidenziati dagli esami di laboratorio, le sue aspettative di vita erano quelle che erano: vicine allo zero. Probabilmente, lui se ne rendeva conto, ma era sorretto dalla volontà di dimostrare la propria innocenza e non ha mai smesso di lottare, sempre alle prese con avvocati e commercialisti. Da sottolineare che per distruggerlo non soltanto fisicamente (con il carcere), ma anche moralmente, le toghe gli avevano sequestrato ogni bene, inclusa la casa d'abitazione, i mobili di pregio, i tappeti, i quadri, l'argenteria, i depositi bancari eccetera.
Se la presente non fosse la descrizione fedele di una vicenda vera ma la sceneggiatura di un brutto film, ci sembrerebbe indegna di essere trasformata in pellicola. Quando si dice che la realtà supera la fantasia non si sbaglia. Qua ci sono le prove.
Nonostante un temperamento d'acciaio, una settimana fa Rizzoli è crollato: un dolore opprimente alla gola e al petto; subito il ricovero d'urgenza al Gemelli. Sarebbe stato indispensabile ricorrere ai bypass perché le coronarie erano otturate. Ma come si fa a operare un individuo col diabete e l'insufficienza renale, più la solita polmonite che di norma sopraggiunge nei cardiopatici, e per sovrammercato quotidianamente dializzato e intubato per compensare la respirazione difficoltosa?
Non so se per chi soffra la morte sia un sollievo. Ma so che Angelo non era in condizioni di sopportare altre torture in aggiunta a quelle patite dalla cosiddetta giustizia. La sfortuna, e non soltanto quella, si è accanita su di lui con una ferocia senza pari. La famiglia Rizzoli in 40 anni è stata asfaltata, saccheggiata, perseguitata. A differenza di tanti imprenditori che ne hanno combinate di ogni colore, cavandosela sempre con pene miti o nessuna pena, e soprattutto conservando il patrimonio e la pelle, i discendenti del vecchio genio (da martinitt a proprietario di un colosso) sono stati massacrati.


È proprio vero che se il destino decide di pugnalarti alla schiena, il vento ti porta via il mantello per agevolare il colpo della lama. La morte di Angelo non peserà però sulla coscienza di coloro che l'hanno provocata: dubito che ce l'abbiano, una coscienza.

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