Dalle colpe dei padri alle vergogne dei figli

L'altra settimana bisognava vergognarsi dei propri padri, ora la vergogna si sposta sui propri figli. Bella semina

I ragazzi stanno uscendo dal liceo classico «Colletta» di Avellino e Antonio Sicuranza, magistrato, è in auto in attesa che esca suo figlio Michele, terzo liceo. Vede assembrarsi un capannello di ragazzi intorno a suo figlio. Aria minacciosa e sguardi truci, suo figlio impassibile, quando un ragazzo spalleggiato da altri due gli molla un ceffone in pieno viso.

Il magistrato scende dall'auto, chiede spiegazioni ma l'autore della bravata gli dice che non si deve intromettere perché «quello» non deve parlare. «Ah sì... e perché non deve?». Risposta secca: «Perché è un fascista e già altre volte si è permesso di commentare con le sue idee da fascista, cosa che non deve fare». L'insolenza di Michele è di aver letto in bacheca l'orrenda frase «nelle foibe c'è ancora posto» e di aver commentato con un post: «Ho i brividi».

Il magistrato obietta all'aggressore che un conto sono le idee, un altro alzare le mani, aggiungendo che «quel fascista» era suo figlio. La risposta è secca: «E non vi vergognate di avere un figlio così?».

L'altra settimana bisognava vergognarsi dei propri padri, ora la vergogna si sposta sui propri figli. Bella semina. Il magistrato mi ha scritto precisando il nome dell'autore della sciagurata frase sulle foibe, l'aggressore è suo fratello.

Ometto i nomi, di famiglia-bene, per non alimentare spirali di intolleranza. Ma se fossero i due fratelli a doversi vergognare a vicenda? Piccola cronaca, come tanti casi analoghi, da un Paese che perde tutto - lavoro, fiducia, ideali, amore - meno l'odio.

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