Il clima politico in Italia è sempre più tossico, e Roma non fa eccezione. Ieri, a dieci giorni dalle elezioni comunali della capitale, è stato aggredito il candidato sindaco di Casapound, Simone Di Stefano, al termine di un comizio nel VII municipio. Di Stefano era in auto fermo a un semaforo quando quattro o cinque persone con caschi e a volto coperto hanno assaltato l'utilitaria con manici di piccone, spaccando i vetri e colpendo al volto un altro ragazzo, militante del movimento politico, che si trovava al posto di guida, ferendolo leggermente. Il leader di Cpi Gianluca Iannone, in un comunicato, ha stigmatizzato l'«episodio gravissimo», definendolo «una vera e propria imboscata», un «agguato preordinato» frutto del «clima politico avvelenato», e chiedendo «solidarietà incondizionata» agli altri candidati ribadendo che Di Stefano ha scelto di candidarsi «nel rispetto delle regole democratiche».
In poche ore, alla notizia dell'aggressione subita dall'esponente di Casapound si aggiunge quella di un altro episodio a parti invertite. Un candidato al consiglio comunale di Sel, Gianluca Peciola, ha denunciato un blitz in uno spazio autogestito nello stesso VII municipio. «Una trentina di militanti di Casapound ha fatto irruzione all'interno del centro aggregativo Uscita 23 e ha colpito con delle catene due ragazzi», ha detto Peciola, chiedendo tra l'altro lo «scioglimento» di Cpi. Sui due episodi, e su eventuali collegamenti vista la contiguità territoriale, sono al lavoro i carabinieri. Ma intanto Casapound, subito dopo il comunicato di Sel, ha replicato smentendo qualsiasi responsabilità nell'episodio e annunciando querele: «Dopo aver tentato invano di affibbiarci la responsabilità per gli assalti ai gazebi, Peciola si inventa un'altra storia senza fondamento. Gli consigliamo di cominciare a mettere i soldi da parte per le tante querele che gli faremo».
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