Altro che dimettersi: Napolitano dirà no al voto anticipato

Minaccia reale? O una semplice mossa tattica? Quella parola, dimissioni, Giorgio Napolitano finora non l'ha mai pronunciata in pubblico e probabilmente non lo farà nemmeno stasera

Giorgio Napolitano
Giorgio Napolitano

Parlerà poco, dicono, un quarto d'ora appena. Parlerà semplice, spiegano, perché di fronte avrà le famiglie riunite a cena davanti a cotechino e lenticchie. Ma, sostengono, parlerà chiaro: no alle elezioni anticipate, sì a un nuovo impegno di governo. Chi spera di far saltare il banco per votare a maggio ha «sbagliato i conti». Piuttosto, così si è sfogato l'altro giorno il capo dello Stato con alcuni interlocutori, me ne vado via io e li lascio tutti «nel guaio» di scegliere entro 15 giorni e con l'attuale Parlamento un altro presidente della Repubblica.
Minaccia reale? O una semplice mossa tattica? Quella parola, dimissioni, Giorgio Napolitano finora non l'ha mai pronunciata in pubblico e probabilmente non lo farà nemmeno stasera. Forse, nel suo ottavo discorso di Capodanno, non toccherà neanche l'argomento, e comunque non in modo così netto. Resta il fatto che ormai la questione del passo indietro è stata sdoganata, lui stesso ne allude sempre più spesso. Agli atti, le ultime frasi, il 16 dicembre per gli auguri di Natale. «Ho indicato i limiti entro cui potevo impegnarmi a svolgere il mio mandato e non mancherò di rendere nota ad ogni mia ulteriore valutazione sulla sostenibilità, in termini istituzionali e personali, dell'incarico».
Una minaccia postdatata, perché l'orizzonte temporale del capo dello Stato resta il 2015. «L'Italia deve essere amministrata durante l'impegnativo 2014 che sta per cominciare». Solo che dal 16 dicembre la situazione è peggiorata. Il governo balla e Matteo Renzi ha appena dato i 15 giorni a Enrico Letta. Basterà un rimpasto per tenere la barca in linea di galleggiamento? Napolitano parlerà agli italiani, non al Parlamento, quindi non si perderà nel politichese del rimpasto o delle riforme. Però denuncerà i ritardi dei partiti e ricorderà alla gente come è nata la sua rielezione, i motivi del bis, il «sacrificio» che gli hanno chiesto in nome del Paese, la persistente validità, dal suo punto di vista, del patto delle larghe intese, anche dopo l'uscita di Forza Italia dalla maggioranza.
La nazione è bloccata e non si può proseguire a «pestare l'acqua nel mortaio». Da qui l'ipotesi che Re Giorgio pensi davvero all'abdicazione. Un pungolo? La constatazione del fallimento? Il realtà quella delle dimissioni appare soprattutto una carta da giocare, un modo di dire al partito trasversale della crisi che per il Colle le elezioni anticipate «non sono un'alternativa». Se la situazione dovesse precipitare, prima si dovrà scegliere un nuovo capo dello Stato e soltanto dopo un nuovo Parlamento. L'alternativa dunque, secondo il Quirinale, è mettersi al lavoro per cambiare la legge elettorale, eliminare il bicameralismo perfetto e migliorare il processo legislativo. Altri Milleproroghe e Salva Roma non sono graditi.
Sotto attacco da mesi, nel mirino di Grillo e Fi, in calo nei sondaggi. Ci si aspetta una sorta di autodifesa di un Napolitano «amareggiato», che rigetterà le accuse di interventismo e forzature. «Sono stati loro a venirmi a cercare». Adesso il clima è cambiato. Forza Italia vuole boicottare il messaggio presidenziale, qualcuno parla di un videodiscorso di Silvio Berlusconi da diffondere domani, Matteo Salvini invita a girare l'antenna e collegarsi sul cartone animato Peppa Pig.

Per non parlare di Beppe Grillo, che sfiderà il capo dello Stato con un contromessaggio via web.
Per Daniela Santanchè, «Napolitano ha fallito nei suoi due principali motivi di rielezione: la pacificazione, basti vedere che è successo a Berlusconi, e le larghe intese, perché questo è un governo di tasse».

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