«Animalopoli» all'Enpa: fondi spesi in case e hotel

Una casa nuova di zecca? Sì, ma sulle rive del Mar Rosso, a due passi dal paradiso di Sharm El Sheikh. E certo non per qualche cucciolo bisognoso di coccole. Un soggiorno omniconfort? Sì, ma in alberghi di lusso a Malta. E certo non in un canile che accoglie quattrozampe. Cure mediche in una clinica specializzata nella sostituzione dell'intera dentatura in tre giorni? Sì, ma certo non per consentire a Fido di sgranocchiare il suo osso preferito nonostante gli acciacchi dell'età. Dai conti di Enpa (l'associazione nazionale protezione animali che solo nel 2011 «raccoglieva» 11 milioni di euro tra gestione di canili, quote del 5 per mille, donazioni e lasciti) saltano fuori bonifici e pagamenti che fanno rabbrividire i veri volontari. Su tante cifre sospette è in corso un'inchiesta della procura di Genova, che ha in mano riscontri documentali. Parallelamente a una concreta attività animalista, portata avanti senza sosta da tanti uomini e donne disinteressati e di grande cuore, sta emergendo una gestione imbarazzante. Insomma, non tutti i soldi che arrivano ad Enpa servono al benessere degli animali.
L'inchiesta è riservatissima, ma da palazzo di giustizia qualcosa trapela. E i primi elementi su cui lavora la Guardia di Finanza riguardano bonifici e assegni con causali a dir poco incredibili. Decine di migliaia di euro sarebbero stati girati, in molte riprese, per pagare le rate di una casa esclusiva sul Mar Rosso. Oppure per saldare il conto in alberghi di Malta o in cliniche lombarde di alta chirurgia odontoiatrica, specializzate nel reimpianto dell'intera dentatura - umana, non animale - in tre giorni. Non solo. Tra i riscontri delle spese sospette ci sarebbero anche scooter, ristrutturazioni di interni, prelievi in contanti effettuati con regolare frequenza. A partire, almeno, dal 2007.
Soldi che quasi sempre non uscivano direttamente dalle casse di Enpa, ma transitavano prima da altre associazioni animaliste e a Fondazioni, sui cui conti Enpa non aveva più motivo di esercitare controlli. Quindi formalmente certi assegni non comparivano nei bilanci di quella che resta una delle più grandi onlus italiane del settore. Il fatto è che già nella relazione dei revisori dei conti Enpa a fine 2011 veniva segnalata la presenza di «crediti» dell'ente per somme versate alla Fondazione Ligure Diritti Animali (775mila euro) e alla Fondazione Diritti Animali (300mila euro), nei cui consigli direttivi figuravano peraltro come amministratori alcuni dirigenti della stessa Enpa. Proprio come avveniva in varie associazioni alle quali venivano girate altre cifre consistenti.
A seguito delle segnalazioni sempre più pressanti di Massimiliano Suprani, uno dei tre revisori dei conti, nell'Enpa si sono verificate dimissioni e commissariamenti. La presidenza nazionale era già passata da Paolo Manzi, condannato per appropriazione indebita nel 2010 per essersi intascato 115mila euro dell'associazione, a Carla Rocchi, già sottosegretaria di Amato e D'Alema. Ma la linea di continuità all'interno dell'Enpa sembrava comunque evidente. Lo stesso Manzi ha continuato a far parte del consiglio nazionale durante tutta la durata del processo. Così pure Gildo Russo, il suo avvocato che lo difendeva contro Enpa, è rimasto il legale dell'ente. Il tesoriere, Piermario Villa, ex esponente dei Verdi ed ex assessore al Traffico del Comune di Genova, ha resistito al suo posto. Nel corso del 2012, invece, l'insistenza del revisore dei conti, ha portato un vero terremoto. Dimissioni del tesoriere nazionale. Dimissioni della presidentessa di Genova (sua compagna anche nella vita). Dimissioni del presidente della sezione di Torino. Numerose accuse reciproche tra i dirigenti, con il revisore Suprani che si trova impossibilitato a proseguire il lavoro con una serie di ostacoli alle verifiche e accuse diffamanti.
L'inchiesta della procura di Genova è l'inevitabile conclusione. Perché Suprani presenta un esposto dettagliatissimo in procura, con i riscontri dei soldi destinati alla casa in Egitto e a tutto il resto.

Il pm Nicola Piacente affida le indagini alla Finanza che sta ricostruendo sei anni di movimenti bancari sospetti per centinaia di migliaia di euro. Poi arrivano le querele: lo stesso revisore è costretto ad affidarsi a un legale, Roberta Marallo, per tutelarsi dal fango che gli viene scaricato addosso. E potrebbe essere solo l'inizio.

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