RomaIncontrarsi e dirsi addio, anche se la parola non è propriamente quella e comincia per «vaffa». Per nove minuti scarsi svolazza sul tavolo della sala del Cavaliere, piroetta tra la barba quasi canuta di Beppe e le basette neropece di Matteo senza fermarsi mai, sempre sul punto di cadere come esito incontrovertibile d'incomunicabilità, ma sempre pronta a tornare risospinta sulla lingua e, stabilmente, nei pensieri. Non è più politica, o forse sì, perché tutto quel che accade non è quel che sembra e quel che sembra non è quel che accade. A cominciare dalla diretta streaming, che i grillini a metà mattinata insinuano saltata (non è vero). Grillo si materializza intorno al mezzodì direttamente nello studio del vicepresidente grillino della Camera, Luigi Di Maio. Quando la diretta streaming parte, in lieve differita dal tempo reale, si capisce che anche il premier incaricato è seccato e nervoso. Gli schemi di gioco sono subito chiari. Fraseggio di circostanza di Matteo, ticchete-tacchete, tanto per prendere confidenza: «Adesso ti spiego...». Beppe guarda in alto e di lato, quasi sbuffando. Interrompe e irrompe, al primo minuto, in tackle duro. «Bisogna che un po' parli io e poi parli te, per correttezza...», fischia il fallo Renzi. «No», replica l'altro a sorpresa. «Dai non è possibile... dammi un minuto», ci riprova Matteo. «No».
Attacco in massa di Grillo, che detta i ritmi e rincula cercando di aprire varchi: «Tu ormai non sei credibile, dici una cosa e ne fai un'altra... Sì io ti ho preso spesso in giro, mi dispiace, se ti ho offeso...». «Mi hai chiamato ebete, ho sorriso alla grande...». Beppe riparte a testa bassa ma, in contropiede, Matteo trova il golletto: «Non è il trailer del tuo show, non so se sei in difficoltà nella prevendita... Ti diamo una mano». Grillo incassa, ride, «Te li mando in omaggio». «Mai presi omaggi». «Non sei credibile», ripete ora a oltranza Beppe mentre l'altro continua a trincerarsi in difesa con dei «benissimo, perfetto». Beppe non passa, s'innervosisce, comincia a prendersela con Delrio: «Tu pensa alla differenziata a Reggio Emilia. Ma se ti dò il voto per fare il sindaco, perché non lo fai?». Parte un forcing estenuante, nessuno riesce più a fermarlo, Grillo dilaga. «Sei una macchietta, hai fatto le scarpe a Letta, sei andato al governo senza elezioni, non sei più credibile qualsiasi cosa dici. Noi siamo nemici fisici del tuo mondo». Accuse al programma renziano, un «copia e incolla del nostro... sono qui per dirti della nostra totale indignazione per ciò che rappresenti, De Benedetti, gli industriali, gente che ha disintegrato questo paese». Accenni di rissa a metà campo, Grillo accusa Renzi di sprechi, azione diversiva e conciliante su Delrio per riprendere folate offensive: «Noi siamo conservatori, noi siamo contro il cemento e tu vuoi fare la Tav, con voi non sono democratico». Matteo ora gli dice «sei un incrocio tra Gasparri e la Biancofiore», ma siamo già al convulso Novantesimo minuto: «Tu sei un ragazzo buono, ma rappresenti un potere marcio e con gioia te lo comunico, ora mi alzo e me ne vado, non sono più democratico con te». «Non lo sei mai stato, sono uno di quelli che ha pagato per vedere i tuoi spettacoli, esci da questo blog, da questo streaming... Qui c'è dolore». «È finita caro. Ti dò la mano, spero di vederti in altre sedi». Grillo saluta e compare nell'attigua sala stracolma di giornalisti seduti a terra mentre ancora vanno in onda le immagini dello scontro. Sensazione di straniamento, non si sa più se siamo tutti nel Truman Show, se il teatrino è il Paese o la pellicola ha preso fuoco. C'è tempo per un po' di offese alla grancassa della stampa, che sempre le merita, e ribadire slogan già sentiti. «Chi si aspettava di più dal M5S ha sbagliato a votarci. Voglio una dittatura sobria, decido tutto io», dice il Gran Guru utilizzando un'ambigua ironia. Il surreale gioco delle parti e della comunicazione ormai sfocia sul web, dove impazzano risultati opposti del match.
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