Basta con Stamina Pure i medici di Brescia dicono stop alla cura

Basta con Stamina Pure i medici di Brescia dicono stop alla cura

Niente più infusioni ai pazienti curati con il metodo Stamina. I medici degli Spedali di Civili di Brescia incrociano le braccia fino a nuovo ordine. Troppa confusione, troppi ordini dati da giudici e contrordini arrivati da Roma.
Così da ieri la macchina si è ufficialmente inceppata. E il commissario straordinario degli Spedali Civili di Brescia, Ezio Belleri, ha troncato le speranze a tutti i pazienti in cura e quelli in lista d'attesa. «I nostri clinici – ha dichiarato - hanno deciso di sospendere fino a data da definirsi il trattamento Stamina fino a che il nuovo Comitato scientifico non si pronunci».
Belleri è intervenuto nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul caso Stamina promossa dalla commissione di palazzo Madama e ha spiegato che proprio l'altra sera i nove medici del gruppo gli avevano consegnato una lettera che non lasciava dubbi. In realtà, gli «intoppo» risalivano già da gennaio quando si somministravano i trattamenti solo «su formale disposizione del legale rappresentante per ogni singolo caso ordinato dai giudici». L'unica biologa che ancora sosteneva la causa Stamina è assente perché non iscritta all'albo professionale e rischierebbe di essere accusata di esercizio abusivo della professione.
Insomma, su Vannoni, si è abbattuta un'altra pesante tegola accanto alla sonora bocciatura del suo metodo da parte dell'intera comunità scientifica. Lo testimoniano quei reparti dedicati alla sua creazione, dove c'è un desolante vuoto. E una lunga lista di conti da pagare. Gli Spedali hanno sostenuto spese per 929mila euro solo di cause legali, 57mila euro per l'acquisto di materiali di laboratorio, 249mila per il personale, 201mila per l'attività di infusioni e 44mila per quella di carotaggio. Fino ad ora il conto è salatissimo: oltre un milione e mezzo di euro per un metodo che un giudice del lavoro di Torino ha bollato come «ciarlataneria» mentre ha respinto la richiesta di una coppia che voleva sottoporre alle infusioni il figlio di tre anni gravemente ammalato.
Gli unici ancora dalla sua parte sono i pazienti in cura. O i loro cari. Come Giampaolo Carrer, il papà della piccola Celeste che protesta per i suoi diritti negati. «A mia figlia spettava un'infusione a febbraio, poi rimandata. Il giudice - spiega - ha stabilito che l'infusione dovrà avvenire entro il mese di aprile. E ora che ci siamo quasi, i medici dicono di voler bloccare la somministrazione del trattamento. Com'è possibile che lo stesso ospedale che ha accertato i miglioramenti di mia figlia ora si rifiuti di continuare il trattamento?». Caterina Ceccuti, mamma di Sofia, rincara la dose: «La decisione degli Spedali di Brescia non ha alcun valore e chi deve far rispettare la legge è bene che si premuri a farlo. Altrimenti arriverà una valanga di querele da parte delle famiglie. Chi ha cominciato la cura, e allo stato attuale sono 34 pazienti - spiega la mamma di Sofia -, è tutelato dalla legge numero 57 che riguarda le cure compassionevoli. Inoltre, Sofia e gli altri bambini in cura sono anche tutelati dalle decisioni dei giudici». Anche per Davide Vannoni, presidente della Fondazione Stamina, lo stop «non ha alcun senso, è una decisione inapplicabile perché contro la legge, contro il diritto e contro gli ordini dei giudici». La pensa diversamente la presidente della commissione Sanità del Senato, Emilia De Biasi che definisce «uno stop di grandissimo coraggio quella dei medici di Brescia» e aggiunge: «Bisogna veramente smetterla di speculare sul dolore».
E la polemica oggi si trasferirà da Brescia a Torino dove si apre il processo per tentata truffa ai danni della Regione Piemonte a carico di Davide Vannoni.

L'accusa si riferisce al 2007, quando Vannoni chiese un finanziamento per un'altra sua società, Medicina Rigenerativa: una delibera guidata da Mercedes Bresso, concesse 500 mila euro, ma poi venne ritirata prima di essere approvata.

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