Benvenuti i cani in politica

Silvio e Mario affettuosi coi cuccioli. Da loro possono imparare qualcosa

La foto con Empy, adottato mercoledì in tv, prontamente pubblicata ieri mattina su Twitter da Mario Monti
La foto con Empy, adottato mercoledì in tv, prontamente pubblicata ieri mattina su Twitter da Mario Monti

Alcuni giorni fa Silvio Berlusconi ha adottato un cane per intercessione di Michela Vittoria Brambilla, più nota come fervente animalista che come ex ministro del Turismo. E, subito dopo, Mario Monti ha fatto la medesima cosa: l'unica differenza è che a offrirgli la bestiola è stata Daria Bignardi, la stessa signora che, durante una puntata del suo programma, cercò di sfottermi perché sul display del cellulare avevo (ho ancora) l'immagine ricordo del mio gatto Ciccio, morto anni fa. Buon segno: anche la conduttrice, passando dal disprezzo per il felino in effigie alla tenerezza per il cagnolino vivo, si è evoluta.

Ma il problema è un altro. Vari osservatori criticheranno l'ex premier e il premier in carica, dicendo che, pur di strappare un pugno di voti, sfruttano perfino i cani, l'affetto per i quali rende simpatici. C'è poi chi deplorerà Monti perché ha pedestremente imitato Berlusconi - mago della comunicazione - allo scopo di non perdere punti. Ma stavolta ci dissociamo da simili polemiche per talune ragioni. Chiunque manifesti amore per gli animali merita attenzione e stima, perché dimostra di avere cuore e cervello. Le bestie, infatti, possono benissimo fare a meno degli uomini, mentre gli uomini non possono fare a meno di esse. Chi non afferra questo concetto è un demente.

Non credo neppure che i due citati uomini impegnati nella campagna elettorale abbiano fatto una pantomima nell'accettare di ospitare in casa loro cucciolotti bisognosi di famiglia. Si percepisce a occhio nudo, guardando le foto che li ritraggono con i cagnolini in grembo, che non recitano la parte di chi si improvvisa maldestramente cinofilo: li abbracciano con delicatezza, lo si evince dalla loro espressione. Due istantanee, due quadretti edificanti, due personaggi finalmente se stessi, senza veli, che provano piacere autentico nel coccolare esserini indifesi e sicuramente non ipocriti nel ricambiare la benevolenza dei nuovi padroni.

D'altronde, è noto: i cani sono animali da branco, necessitano di un capo e, quando lo trovano, gli garantiscono ubbidienza e fedeltà. Berlusconi e Monti in questo caso, accarezzando il pelo morbido delle bestiole, hanno compiuto un atto rivoluzionario per l'Italia: mai nessuno, prima di loro, aveva accettato di farsi riprendere in compagnia di un amico quadrupede, introducendolo nelle cronache politiche come simbolo di amore disinteressato. Ritratti inediti che rivelano spontaneità e sensibilità apprezzabili, spero, tanto a destra quanto a sinistra. Un'iniezione di fiducia per un popolo sfiduciato: chi ama gli animali non può essere cattivo e magari è attrezzato per rispettare i propri simili.

Cogliere un tratto di dolcezza in due leader di partito produce un effetto benefico e rassicurante in chi si accinge a votare: altro che caimani. Non eravamo abituati a certe scenette, e assistervi è stato sorprendente in senso positivo. Gli americani da tempo non escludono gli animali dalle istituzioni, anzi, li elevano spesso al rango di protagonisti della Casa Bianca.

Non c'è statunitense che abbia scordato il nome del micio di Bill Clinton, il mitico Socks, che campò oltre 20 anni e figurò, nelle sue pose regali, su tutti i

giornali del mondo. Una speranza: Silvio e Mario imparino dai loro cani a essere fedeli, ma non si mettano ad abbaiare alla luna; e tengano i piedi saldamente attaccati alla penisola, dove le grane da sistemare sono tante.

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