Mentre nel Pdl va in scena l’apocalisse, Silvio Berlusconi s’invola verso Olbia con destinazione Porto Rotondo per una boccata d’aria e per un check sui lavori di ristrutturazione a Villa Certosa. Con i telefoni dei suoi più stretti collaboratori insolitamente «muti», visto che - nonostante il one man show di venerdì a Fiuggi - per scelta concordata praticamente tutti i dirigenti di punta del Pdl decidono di non farsi sentire. Un silenzio di protesta, perché il Berlusconi di nuovo in prima fila ai vertici di via dell’Umiltà non è andato proprio giù.
Il Cavaliere lo immaginava e lo tocca con mano quando gli mettono sotto il naso la pioggia di dichiarazioni in cui quasi tutto il partito evoca le primarie «decise d’intesa con Berlusconi». Un fuoco di fila concordato, perché se il telefono dell’ex premier ieri mattina è stato insolitamente silenzioso i cellulari di tutta la dirigenza del Pdl erano invece letteralmente bollenti. Il messaggio a Berlusconi è chiaro: sbagli a dire di essere pronto a tornare in campo quando tu stesso hai dato il via libera alle primarie per decidere chi sarà il candidato premier del Pdl, sbagli perché così delegittimi Angelino Alfano e confondi il nostro elettorato.
Il Cavaliere sfoglia le «dichiarazioni di guerra» con un certo fastidio perché, è il senso dei suoi ragionamenti, «vorrei proprio sapere dove sareste oggi senza di me». Perché secondo lui l’alzata di scudi è stata eccessiva e scomposta visto che «immaginiamo due strade che non necessariamente sono alternative» e che invece «possono convivere». Il punto è che tra i dirigenti del Pdl nessuno ormai sa cosa ha davvero in testa Berlusconi e tutti temono il peggio. L’unica certezza, perché l’ex premier l’ha ripetuto a diversi interlocutori nel corso della settimana, è la sua convinzione che il voto a ottobre (o a novembre) sia ormai l’eventualità più probabile. «Perché Monti ha esaurito la sua spinta propulsiva e dal vertice di Bruxelles della prossima settimana rischia di tornare a mani vuote e perché anche Bersani vorrebbe votare al più presto», ripete in privato il Cavaliere.
Ecco le ragioni dell’accelerazione di Fiuggi, con una giornata tra i ragazzi della Giovane Italia di Annagrazia Calabria studiata nei minimi dettagli come fosse un appuntamento da campagna elettorale. Berlusconi in verità vorrebbe avere più tempo per prepararsi al voto e infatti non sembra intenzionato a voler staccare la spina al governo. Ma la sua sensazione è che i margini siano strettissimi ed è per questo che ha iniziato a «testare» la nuova strategia. Nella quale il suo ruolo è quello non solo del «padre nobile» ma anche del grande comunicatore che sta in prima linea. In questo schema la premiership sarebbe per altri, così che il Cavaliere possa muoversi libero da vincoli e sfruttando al massimo il movimentismo (di qui l’attacco all’euro). Il candidato a Palazzo Chigi, però, nella testa dell’ex premier non dovrebbe essere un politico ma un imprenditore o un manager di successo, «un tecnico in grado di risolvere situazioni complesse – spiega un ascoltato consigliere di Berlusconi – perché oggi la fiducia nei politici è pari a zero».
Una prospettiva che ovviamente non fa la gioia dei vertici del Pdl che rischiano d’essere la bad company che sostiene Monti mentre il Cavaliere si smarca. Con la testa a un «qualcosa» da affiancare al Pdl, che siano 15 liste civiche diverse o un solo listone nazionale. Tutte iniziative destinate a prosciugare il bacino di voti del Popolo della libertà rischiando di farlo diventare una sorta di «ridotta».
Ma Berlusconi non la vede così o, almeno, dice di non vederla così. Perché, spiega, il Pdl ha finalmente invertito il trend nei sondaggi ed è ora sopra il 20% mentre l’M5S di Beppe Grillo inizia ad arretrare visto che Euromedia alle prossime politiche non lo stima oltre il 14.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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