Politica

Bersani vuole comprare i grillini

In 16 al Senato sarebbero pronti a passare con il Pd. Democratici nel caos sulle presidenze: oggi voteranno scheda bianca

Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani
Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani

Roma - Dalle parti di palazzo Madama si sente puzza di quaglia saltellante. Mentre Bersani prosegue nella spericolata strategia di inseguire Grillo offrendo poltrone e ricevendo schiaffi, sotto traccia è già partito lo scouting. Eufemismo anglofono che sta a significare il corteggiamento di alcuni cinquestellati affinché cambino casacca e passino al Pd. O al gruppo misto. D'altronde lo stesso Bersani lo disse chiaro e tondo lo scorso 19 febbraio. Rumors di palazzo raccontano che già in 16 siano pronti ad abbandonare Casaleggio & associati per sostenere il Pd. I numeri. Bersani non ha la maggioranza al Senato. Il suo centrosinistra ha 123 senatori, il centrodestra 117, Scelta civica di Monti 19, Grillo 54, poi ci sono 4 senatori a vita (Andreotti, Colombo, Ciampi e Monti). Maggioranza richiesta: 157. La situazione è di stallo. O Grillo rompe gli indugi e cede alle lusinghe di Bersani, portando i suoi 54 ad appoggiare il capo del Pd; o a Bersani non resta che cercare altrove la trentina di senatori mancante. Si mormora che tra le truppe grilline ci siano già sedici neosenatori pronti a fare i Scilipoti cinquestellati: fare i «responsabili», lasciare il gruppo nel quale sono stati eletti e assicurarsi come stampelle di Bersani.
Al di là delle convinzioni ideologiche-politiche, un altro motivo meramente contabile potrebbe favorire il salto della quaglia. Il regolamento interno al M5S impone che l'indennità parlamentare percepita debba essere di 5mila euro lordi mensili (circa 2mila 500 euro netti) e non di più. Il residuo dovrà essere restituito allo Stato (si cerca di capire come), insieme all'assegno di solidarietà o detto anche «di fine mandato». Insomma, non ci si arricchisce di certo militando nelle file grilline; meglio sarebbe spostarsi in altri campi. Nel Pd, per esempio, dove Bersani impone ai propri parlamentari di girare al partito soltanto 1.500 euro al mese.
In ogni caso il segretario del Pd cerca fino all'ultimo l'appoggio di Grillo alla luce del sole, offrendo poltrone. Sarebbe disposto a cedere a Grillo la guida della Camera e a tenersi quella del Senato. Ma fino a ieri la risposta di Grillo è stata «picche». «A Camera e Senato punteremo sui nostri», dicono dal M5S che lanciano Luis Alberto Orellana per palazzo Madama e Roberto Fico per Montecitorio.
Chiuse le porte con i grillini, Bersani è costretto ad aprire quelle con il centrodestra. Il Pd avrebbe offerto ai centristi di Monti la presidenza del Senato. E il Professore, il cui fine è quello di escludere i grillini e contribuire a far nascere un governo delle larghe intese, sarebbe orientato a dare l'ok a patto che anche il Pdl sia della partita. A questo punto la palla ripassa al Pd, lacerato al suo interno. Che fare? Oggi sarà scheda bianca (anche per il Pdl), sia alla Camera sia al Senato, nell'attesa di trovare un'intesa per domani o lunedì. Se, come probabile, si raggiungerà un accordo senza i grillini, è possibile che la presidenza del Senato vada o a un centrista (Mario Mauro?) o addirittura a un pidiellino (Schifani o Nitto Palma i nomi proposti dagli azzurri); mentre per Montecitorio in pole ci sarebbe il piddino Franceschini. In più c'è la Lega, il cui principale obiettivo è scongiurare le urne. Calderoli propone: Camera al Pdl e Senato al Pd. Il Carroccio è pronto a discutere con tutti. Il Pdl, dal canto suo, sembra aver abbandonato la strada dell'Aventino. È pronto a trattare, soprattutto inserendo nei giochi anche la delicatissima pedina del prossimo capo dello Stato.

Sul tema: mentre ci sarebbe il veto su Prodi, aperture arrivano su D'Alema e Amato.

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