Il bis di Re Giorgio duro colpo alle toghe militanti

I vertici Anm volevano Rodotà al Colle. Si rinnova il duello con la Procura di Palermo

Il leader di Rivoluzione Civile Antonio Ingroia a Roma
Il leader di Rivoluzione Civile Antonio Ingroia a Roma

Roma - C'è chi parla di preoccupazione, chi di delusione, chi addirittura di sgomento. Il Napolitano bis non è certo una buona notizia per le toghe di sinistra. Troppi, soprattutto negli ultimi mesi, i motivi di attrito con il presidente della Repubblica e capo del Csm.

Il governo di larghe intese che si profila a questo punto avrebbe come base programmatica il documento dei «saggi», le cui proposte sulla giustizia sono state definite «insoddisfacenti e conservatrici» dall'Anm e ritenute l'emblema dell'inciucio Pd-Pdl. A partire dalla proposta dell'alta Corte di giustizia per i processi disciplinari e dalla disciplina delle intercettazioni. Spaventa, poi, l'idea che possa diventare Guardasigilli Luciano Violante, visto come avversario dalle frange più ideologizzate delle toghe.
Molto, molto meglio sarebbe stato il candidato di Grillo, Stefano Rodotà. Il giurista di sinistra, difensore dei diritti dei consumatori, ostile alle privatizzazioni ha conquistato diversi punti aderendo all'appello sull'ineleggibilità di Silvio Berlusconi. E, a dimostrazione che lo scollamento dal Pd delle correnti di Area (Magistratura democratica e Movimento per la giustizia) è quasi irreversibile, diverse toghe rosse si sono esposte in pubblico con appelli pro-Rodotà.
Invece, al Quirinale rimarrà il garantista Napolitano, quello che tante volte ha attaccato il protagonismo delle toghe e la spettacolarizzazione delle inchieste, anche a fini politici. Su di lui, per i magistrati militanti, pesa come un macigno l'incontro del 12 marzo con il segretario del Pdl Angelino Alfano, dopo la protesta al tribunale meneghino contro l'accanimento giudiziario nei confronti del Cavaliere.

Quel colloquio al Quirinale, legato all'incontro con i vertici del Csm, a Palazzo de' Marescialli è stato riferito come tutto sbilanciato a favore delle lamentele berlusconiane, al di là dei toni prudenti del comunicato ufficiale.

«Sono deluso da Napolitano», commentò in un'intervista il togato Csm del Movimento per la giustizia Paolo Carfì, presidente a Milano nel processo Imi Sir-Lodo Mondadori. Dopo l'incontro, poi, i fatti raccontano di un atteggiamento meno duro da parte dei tribunali milanesi verso l'imputato Berlusconi, di rinvii concessi senza eccessive rigidità, né visite mediche fiscali.

Questo, per quanto riguarda Milano. Per Palermo, poi, è ancora aperta la ferita tra Procura e Colle sulle intercettazioni di Napolitano. Lo scontro, finito davanti alla Consulta, ha visto l'ultimo atto quattro giorni fa, quando la Cassazione ha respinto il ricorso di Massimo Ciancimino e dato il via libera finale alla distruzione dei colloqui tra il presidente e Nicola Mancino.

Da questa vicenda sono nate ben tre azioni disciplinari: per il titolare dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia Antonio Ingroia, per il capo della procura Francesco Messineo e per l'altro pm Nino De Matteo. Tre procedimenti che sarebbero andati comunque avanti, ma con ben altra attenzione ora che Napolitano è di nuovo al Quirinale e ancora presidente del Csm.

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