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Il bluff del Pd: niente governicchi

Epifani accontenta Renzi: "Se si va alle urne siamo pronti". Ma Franceschini lavora per la scissione del Pdl

Il bluff del Pd: niente governicchi

Roma - La linea la dà il segretario Guglielmo Epifani da Raitre, ospite di Lucia Annunziata, e per una volta - sulla carta - mette d'accordo tutti: «A noi non interessano governicchi né trasformismi. Se si riesce a fare un governo di servizio per fare la legge di stabilità e la riforma elettorale va bene, se no si torna al voto e il Pd è pronto a tutto».

Un concetto ribadito prontamente da Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria Pd: «Si verifichi in Parlamento l'esistenza di una maggioranza in grado di fare la legge di stabilità e di favorire una nuova legge elettorale, per poi restituire la parola agli elettori». I renziani, che tambureggiavano da sabato contro i «governicchi scilipotiani», apprezzano. Il sindaco però resta in silenzio, a Firenze a sorvegliare lo svolgimento dei Mondiali di ciclismo, e non apre bocca, neppure al telefono con i big che lo cercano.

È chiaro che lo scenario disegnato da Epifani - governo «di servizio» e poi voto in primavera - è quello che Renzi predilige: ci sarebbe tutto il tempo per celebrare il congresso, vincere le primarie ed aspettare le elezioni anticipate con la nomination già in tasca e con il partito ristrutturato sotto la sua leadership. Ma le variabili che possono ancora scattare sono diverse, e lui lo sa.

Dal fronte anti-Renzi già si leva qualche voce per chiedere di rinviare il congresso «in attesa di conoscere l'evoluzione della crisi». Ma Epifani ribadisce: la data dell'8 dicembre resta confermata, e comunque un rinvio andrebbe deciso «tutti insieme», quindi con l'avallo di Renzi.

La variabile principale, quella cui sono appese le speranze e anche i destini immediati di Enrico Letta, sta nel campo berlusconiano: «Il giorno dell'Armageddon sarà martedì, lì si capirà se nel Pdl sta maturando la consapevolezza che si può aprire la stagione post-Cavaliere, o se prevarrà la paura», spiega un parlamentare molto vicino al premier. Si capirà, insomma, se nel centrodestra sta prendendo forma una vera e propria scissione dei «moderati», il progetto cui il premier e i suoi, Dario Franceschini in testa, stanno lavorando da tempo, o se l'accelerazione del Cavaliere ha mandato all'aria la vera partita politica in gioco dietro il governo delle larghe intese e i tentativi di riformare in senso proporzionale il Porcellum, una partita che Peppe Fioroni ieri ha esplicitamente citato: «Letta vada avanti: nuovo progetto con riformisti e veri moderati». Se martedì, nelle aule parlamentari, scatterà la «assunzione di responsabilità», come la chiamano i lettiani, di buona parte del Pdl, magari grazie all'aiuto di uno spread impazzito, potrebbe vedere la luce un Letta bis politicamente più forte del precedente. Altrimenti, il premieri passerà probabilmente la mano (si fanno i nomi di Saccomanni o di Grasso). E secondo qualcuno dei suoi «si candiderà alle primarie».

Spiega un dirigente renziano: «È chiaro che la nuova forza moderata di cui hanno bisogno Letta e Franceschini per far rinascere un governo, che a quel punto sarebbe di legislatura, non può nascere perché escono da Fi Quagliariello e qualche ciellino.

Su 90 senatori dovrebbero mollare almeno una quarantina: ci sono? Il Cavaliere, con i suoi strappi, lo sta rendendo più difficile».

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