Otto giorni dopo la tragedia, gli interrogativi si accavallano. E mentre in città sfila il coraggio degli studenti provenienti da ogni parte d'Italia, le indagini sull'attentato che ha ucciso la sedicenne Melissa Bassi dinanzi alla scuola di Brindisi ripartono da un filmato e dal contenuto delle bombole.
Le immagini catturate dalle telecamere di unedicola non hanno impresso la svolta decisiva, ma sono l'unico elemento concreto nell'inchiesta e vengono analizzate con uno speciale software utilizzato di solito per l'antiterrorismo. Nello stesso tempo gli investigatori si concentrano sulle analisi tecniche da cui arrivano elementi importanti. Per provocare l'esplosione sarebbe stata preparata una miscela di polvere pirica e altro materiale, forse a base di diserbante e nitrato di ammonio: insomma, non si sarebbe trattato di un ordigno rudimentale esclusivamente a base di gas propano liquido; al contrario, la mattinata di terrore e morte alla scuola sarebbe stata pianificata nei minimi particolari secondo un feroce e consolidato copione.
I risultati che cominciano ad affiorare dagli esami scientifici lanciano una nuova luce sulle modalità e anche sulla matrice dell'attentato. Che non sarebbe stato il gesto di un folle isolato. E così torna a riprendere quota la pista che conduce a un atto sovversivo o alla criminalità organizzata, che avrebbe quindi imboccato una strategia stragista e terroristica. Tanto più che gli inquirenti non escludono che possano essere stati utilizzati tritolo o polvere pirica, spesso impiegati dalla mafia pugliese. Del resto, proprio la Sacra corona unita nei primi anni Novanta non esitò a piazzare una bomba su un treno di immigrati, il Lecce-Zurigo: non ci fu una strage solo per una manciata di minuti di ritardo.
Le strade di Brindisi ieri sono state attraversate dagli studenti: erano oltre quattromila: con striscioni, la scritta «io non ho paura» stampata sulle magliette, i cartelli e le fotografie di Melissa. I
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