Bomba a «La Stampa»: volevano uccidere

Bomba a «La Stampa»: volevano uccidere

Ci risiamo. Giornalisti e giornali tornano nel mirino e l'ombra del terrorismo più bieco si allunga di nuovo sulla libertà di scrivere ciò che si ritiene più opportuno. La cronaca è quella di una tragedia sfiorata: un pacco bomba recapitato ieri ai colleghi del quotidiano La Stampa, nella redazione di via Lugaro a Torino, che non è esploso solo perché, nel meccanismo di strappo, i contatti che avrebbero dovuto innescarlo non si sono sovrapposti. Ma l'intenzione di fare vittime c'era, eccome.
L'ordigno, secondo gli artificieri conteneva 50 grammi di polvere da cava, una soluzione «artigianale ma di buon confezionamento», come l'hanno definita gli investigatori che «avrebbe potuto provocare danni seri a chi avesse aperto il contenitore». E ad aprire quella busta, formato A4, è stato uno degli addetti allo smistamento della corrispondenza che arriva al giornale.
«Mi sono insospettito - ha raccontato - perché la busta aveva francobolli non timbrati. Quando l'ho toccata ho immaginato che potesse essere qualcosa di pericoloso e quando ho visto il contenitore porta-cd mi sono fermato e ho chiamato subito la sicurezza. Sono spaventato, ma posso ben dire che mi è andata bene».
E adesso la domande sono molteplici: perché La Stampa? Chi sono gli autori del gesto? E che cosa vogliono dimostrare? Certamente viene valutata dagli investigatori la possibilità che i numerosi articoli a favore e in difesa del progetto Tav in Val Susa abbiano, come dire, disturbato le frange più estremiste del movimento che osteggia l'Alta velocità. Di fatto è la pista anarco-insurrezionalista quella privilegiata dagli investigatori della Digos di Torino. Una telefonata di rivendicazione è arrivata alla redazione della Stampa da parte di una persona che ha voluto precisare che l'ordigno non sarebbe comunque esploso. Altre telefonate sono arrivate alla Questura e sono al vaglio degli investigatori che stanno cercando di stabilire il livello di attendibilità. Ordigni confezionati in modo analogo in passato conducono, ricordano gli investigatori, alla strategia di destabilizzazione della Fai, la Federazione anarchica informale. Recentemente, buste esplosive simili, erano state inviate ad Equitalia e ai carabinieri. È fuor di dubbio, comunque, che il pacco recapitato alla Stampa è considerato «cosa seria e preoccupante» dagli investigatori. Ciò che più si teme, da quanto è dato di capire, è che la stessa mano potrebbe aver spedito altri pacchi-ordigni, confezionati in maniera simile ma che, a differenza di quello della Stampa che non è esploso per puro caso, potrebbero fare danni e anche vittime.
Non fa allarmismi il questore di Torino, Antonino Cufalo che, ieri, si è recato nella sede della Stampa, al termine dei primi rilievi degli investigatori, ma invita «alla massima sensibilità». «Credo - ha tenuto a sottolineare-che dopo episodi del genere sia giusto aprire gli occhi...».

D'altra parte, particolare preoccupante, la custodia della busta esplosiva era di un materiale in grado di conservare l'integrità dell'ordigno, che in teoria avrebbe dovuto essere individuato nei controlli di routine delle Poste centrali. Ma la mancanza di bolli lascia presumere che il plico sia stato inserito dagli attentatori nella fase immediatamente precedente alla consegna alla Stampa.

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