Boni, Lega al contrattacco: non ci sono soldi in più Sospetti sul testimone

Il vertice in via Bellerio passa al setaccio i conti e rinnova la fiducia a Boni: "Nessuna intercettazione su di lui. E se Ugliola millantava?"

Boni, Lega al contrattacco:  non ci sono soldi in più  Sospetti sul testimone

Due ore di stato maggiore leghista per ascoltare Davide Boni insieme al suo capo staff Dario Ghezzi e decidere che linea seguire sull’ultima «grana padana». Il presidente del Consiglio regionale lombardo rimette nelle mani del capo e dei colonnelli presenti al completo (da Maroni a Calderoli a Cota e Castelli) il suo mandato, ma nessuno gli chiede di sospendersi. Anzi i vertici padani si sono convinti, dopo una scrupolosa analisi dei conti del partito (cui, secondo le accuse dei pm, sarebbero state destinate le tangenti) che si tratti di un caso da manuale di «millantato credito», e cioè che l’architetto Michele Ugliola (indagato), principale fonte dei magistrati milanesi insieme al cognato Gilberto Leuci (indagato anche lui), abbia millantato una stretta conoscenza con l’ex assessore regionale al Territorio solo per incassare le mazzette. In via Bellerio, fin dalle 10 del mattino, i capi leghisti hanno «audito» sia Boni che Ghezzi, mentre la contabilità delle segreterie provinciale e nazionali è stata analizzata a fondo, alla ricerca di quel famoso milione di euro che, stando alle convinzioni dei magistrati, sarebbero passati dagli imprenditori alle casse della Lega, attraverso vari intermediari.

Ma di quei soldi non c’è la minima traccia nella contabilità della Lega, «e un milione di euro se entra te ne accorgi» commentano da via Bellerio. È stato il comitato amministrativo del Carroccio, composto da Castelli, il senatore Stiffoni e il tesoriere Belsito, a indagare nei rivoli finanziari del partito, «ed è stato appurato - scrive la segreteria federale in una nota diffusa dopo il vertice - che nel periodo dal 2005 al 2010, nell’elenco delle oblazioni volontarie ricevute a bilancio, da società o da privati, non figura nessuno dei nominativi emersi in questi giorni nelle varie indiscrezioni apparse sugli organi di stampa. Da questa verifica è dimostrato che la Lega Nord è completamente estranea a qualsiasi tipo di illazione al riguardo».

Quindi il partito fa quadrato attorno a Boni, cui la segreteria politica federale conferma «la piena fiducia» con l’invito «a proseguire nel suo mandato». Le spiegazioni del «barbaro sognante» (cioè maroniano, molto apprezzato anche da Bossi) Davide Boni hanno convinto. Del resto - hanno osservato alcuni colonnelli - se i pm avessero delle prove in mano sarebbe già scattata la custodia cautelare, per evitare l’inquinamento delle prove. E poi, come mai non è uscita mezza riga di intercettazione, neppure una frase attribuita direttamente a Boni, ma solamente episodi riferiti da Ugliola? È un testimone così attendibile, al punto da indagare una carica così alta di una Regione e terremotare la politica lombarda? Ecco, i leghisti dubitano seriamente delle fondamenta dell’indagine del procuratore Robledo, e proprio questo potrebbe segnare un riavvicinamento col Pdl (i pm hanno parlato di un «sistema Lega-Pdl»), notoriamente critico verso la magistratura «politicizzata» (il segretario Pdl Alfano: «Se viene dimostrato che c’è un attacco politico alla Lega, noi dobbiamo sostenerla»).

Insomma un caso completamente diverso rispetto a quello del consigliere provinciale Marco Paoletti, indagato per le tangenti al comune di Cassano D’Adda (da cui poi è partita l’inchiesta arrivata al Pirellone), espulso dalla Lega (addirittura da socio ordinario, una radiazione a vita) senza il minimo dubbio.

Le accuse a Boni sono molto più deboli, secondo la Lega, che si sente sotto attacco politico della Procura di Milano, anche perché l’unico passaggio di soldi che i magistrati sarebbero riusciti a ricostruire più precisamente riguarda un migliaio circa di euro (mediati da Paoletti). Molto fumo, poco arrosto per ora.

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