Bossi frena Maroni: «Deciderà il congresso»

Bossi frena Maroni: «Deciderà il congresso»

Re Bobo I, ieri pareva più che altro un imperatore. All’ora di pranzo aveva strappato il consenso di Roberto Calderoli: «Al congresso ti voto». E all’ora dell’aperitivo festeggiava la vittoria al primo congresso dopo gli scandali, e proprio in Liguria, la terra di Francesco Belsito. Peccato che subito dopo cena ci abbia pensato Umberto Bossi a riportarlo coi piedi per terra: «Maroni segretario? Dipende dal congresso».
La giornata di Bobo era iniziata a Savona. Esploso lo scandalo in casa Lega, fra i politici genovesi girava questo sms: «La città che fece nascere il socialismo, ucciso dalla Lega e da Tangentopoli, è la stessa che fa morire la Lega». Così fa effetto che proprio da qui, dalla patria dell’ex tesoriere finito sotto inchiesta, il Carroccio provi a rimettersi in corsa. Il risultato del congresso ha dato la misura dei rapporti di forza nella Lega 2.0: 80 per cento ai maroniani, 20 ai cerchisti, là dove Sonia Viale, braccio destro di Maroni sia nel partito sia ai tempi del governo, ha vinto con 115 voti contro i 28 dell’avversario Giacomo Chiappori. Non uno sconfitto qualsiasi, il deputato imperiese. Sostenuto proprio da Belsito, Chiappori è amico personale di Umberto.
Issata la bandiera sulla Liguria, Maroni inizia la fase due. Dentro al partito: nel nuovo consiglio nazionale, l’unico rimasto del vecchio corso è quel Bruno Ferraccioli che segna la continuità con l’ex segretario Francesco Bruzzone, nemico giurato di Belsito. E fuori: a porte chiuse, ieri Maroni ha spiegato che non è a Roma che punta la Lega d’ora in poi. «Lì non si incide più. Solo i sindaci conteranno davvero. E i sindaci saranno i nostri guerrieri». Certo, ora la Lega perderà consensi, «ma il movimento è sano». Poi la prima stoccata da leader: «Gli altri partiti devono cambiare nome e colori. La Lega non ha bisogno di questi trucchetti», ha detto commentando l’annuncio di Angelino Alfano sulla prossima «rivoluzione» del Pdl.
Un’ascesa, quella di Maroni, resa ancora più evidente dalla perdita di potere di Calderoli, invischiato nelle inchieste. Intervistato da SkyTg24, ieri il triumviro ha commentato con un certo imbarazzo: «Indagato per l’appartamento a Roma? Non lo so, ma vedo che è normale non sapere se si è indagati». Ipotizzando poi che gli attacchi di questi giorni siano lo scotto per essere «l’unica forza che ha detto no al governo Monti»: «Mi pento di aver polemizzato con lui per il cenone di capodanno: il martellamento che ricevo in questi giorni forse dipende anche da quello». Di certo, dice, «ci è passato sopra uno tsunami. Quando ho sentito di oro e diamanti pensavo spuntasse James Bond, erano cose per me inverosimili. E quando ho saputo degli investimenti in Tanzania (la notizia l’abbiamo avuta insieme io e Maroni) abbiamo avuto un coccolone». Quanto al partito, ha rivendicato un ruolo di mediatore: «Ho fatto un grande lavoro per impedire la rottura, anche quando Bossi fece la “fatwa” per impedire a Maroni di parlare ai comizi». Adesso: «Se Maroni sarà segretario lo sosterrò. Ma il chiarimento sia vero e definitivo, la Lega dev’essere di tutti».

Appello che non gli ha impedito di lanciare una stoccata a Marco Reguzzoni: «Metterlo a capo del gruppo alla Camera fu un errore di Bossi: non aveva le capacità anche psicologiche, e poi è di Varese come Bossi e altri leader: troppi galli nel pollaio». Reguzzoni ha reagito con eleganza: «Acqua passata, ora restiamo uniti».

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