Milano - «Non ho mai avuto tanti professori intorno, mi fanno provare delle vibrazioni». Come una partenza in Formula uno. Pochi millesimi di secondo e scatta l'applauso per Flavio Briatore. I giovani bocconiani, stipati nell'Aula Magna, e collegati persino in streaming in varie aule dell'Università di via Sarfatti, incoronano il loro nuovo eroe. Un tributo alla schiettezza del linguaggio, alla concretezza dei suggerimenti che distillerà loro, per oltre un'ora, un uomo schietto e concreto. Un riconoscimento alla lezione di vita che il più modaiolo e mondano, addirittura, se vogliamo, il più chiacchierato e paparazzato degli imprenditori e dei manager, potesse mai regalare loro, a dispetto di tante teorie. E prassi.
Un Briatore che è uscito a testa alta, con l'agilità del navigato timoniere, dall'insidioso labirinto del tema del dibattito, che all'ateneo commerciale milanese lo ha visto ieri come ospite d'onore: «Il manager del domani, tra teoria e prassi», appunto. «Stretto» al tavolo dei relatori, fra due docenti-padroni di casa, i professori Francesco Perrini e Carmelo Cennamo, Briatore ha avuto buon gioco a riportare più e più volte i giovani studenti con i piedi per terra. «Ho sentito parlare di start-up. Adesso questi start-up sono diventati di moda. Solo che in Italia, dove su un milione di start-up ne va a buon fine uno, ci vogliono notai e euro sonanti. Diciamo cinquantamila euro, almeno, e devi pure aspettare sei mesi per aprire i battenti. Mentre in Inghilterra, giusto per fare un esempio, bastano venti sterline e 24 ore dopo puoi partire con la tua società e la tua idea».
E subito ad incalzare: «Per questo io vi dico non fatevi infinocchiare dai nuovi trend ma abbiate coraggio. Il coraggio di rischiare. Potete anche avere dei modelli da prendere ad esempio. Ma ricordate che Steve Jobs, Armani e tanti altri geni che hanno cambiato il mondo sono pezzi unici. Non sforzatevi di imitarli per diventarne poi una brutta copia. Magari, so che qui non dovrei dirlo, mollate anche l'Università se pensate che la vostra idea sia una buona idea. E per rischiare sulla vostra buona idea non aspettate di avere 85 anni, buttatevi nella giungla che c'è fuori quando ne avete al massimo 28 o 30 di anni. E difendete quella idea se ci credete. Nessuna sogna da grande di essere povero e sfigato ma un buon imprenditore, che è anche un buon manager, è quello che fa i soldi per sé e per i suoi dipendenti, che si prende cura di tutta la squadra. Perché un'azienda è una squadra dove tutto funziona esattamente come in Formula, dove ognuno deve fare la sua parte se si vuole guadagnare e si vuole essere competitivi». Applausi e ancora appalusi. Anche quando Super Flavio racconta come gli è venuta l'idea del Billionaire. «Con la Formula uno tutto funzionava a meraviglia, solo che quando andavo in Sardegna per divertirmi non c'era un posto che mi piaceva e così ho deciso di farne uno. E di dare a quel posto non un nome banale, come migliaia di discoteche, ma un nome che facesse arrabbiare e al tempo stesso facesse venir voglia di andare a scoprirlo. La differenza fra due locali uguali, quando uno è pieno e l'altro è vuoto, è questa. La capacità di creare appeal, di fare marketing.
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