Nel suo articolo domenicale sulla Repubblica, Eugenio Scalfari lancia l'allarme: Beppe Grillo è un pericolo talmente grave che, nel caso egli riuscisse a realizzare i suoi propositi, chi potesse «farebbe bene ad espatriare». Giudizio pesantuccio, ma legittimo. Il problema semmai è che da questo vituperato Paese molti dicono spesso di volersene andare, ma alla fine non se ne va nessuno. Già. Per quanto male si viva qui, si vive sempre meglio che altrove, e non credo che ciò dipenda soltanto dalla squisitezza della cucina mediterranea, anche se non intendo sottovalutarla.
È vero che noialtri abbiamo il fisco più vorace (...)
(...) del mondo, cioè con aliquote da record, ma è anche vero che gran parte dei cittadini evade abbastanza facilmente, a onta degli spettacolari quanto vani blitz della Guardia di finanza a Cortina d'Ampezzo, e in vari luoghi di villeggiatura della penisola, che soddisfano il gusto pagliaccesco dei compatrioti. Forse il dato più significativo è questo: lo Stato è povero, ma i cittadini - crisi o non crisi - campano da ricchi, come dimostrano le cifre relative al risparmio privato.
Scalfari scrive: «Resta da capire perché alcune emittenti televisive si siano trasformate in amplificatori del populismo eversivo» (di Grillo, ovviamente). La risposta, se il Fondatore si degna di leggermi, gliela do subito. Chi gestisce le antenne ha di norma una buona sensibilità e intercetta i malumori crescenti nel Paese, e cerca quindi di interpretarli, avendo l'esigenza di aumentare l'audience per far quadrare i bilanci aziendali. Ascolti alti, fatturato alto; ascolti bassi, fatturato basso. È l'infallibile conto della serva.
Se una Tv, anziché organizzare programmi imperniati su Grillo, mandasse in onda dibattiti in cui spiccano i soliti personaggi della politica fallimentare e protagonisti negativi della Prima Repubblica, sarebbe destinata a chiudere. La gente si è stancata delle loro chiacchiere, inconcludenti quanto le loro azioni di governo e parlamentari. Spegne il televisore. Viceversa il fenomeno Grillo sarà anche da baraccone, ma tiene svegli, incuriosisce, alimenta - perfino - la speranza che il boom del Movimento 5 Stelle preluda a un cambiamento. In peggio? Suvvia, signor Fondatore, peggio di così non può andare. Questa l'opinione corrente, piaccia o non piaccia a lei e agli illuminati commentatori che frequentano le pagine dei quotidiani più o meno accreditati nel Palazzo.
Agli elettori importa poco delle proposte dell'ex comico (essi non ne valutano nemmeno la fattibilità), ma sta a cuore l'eliminazione di un ceto politico percepito quale nemico che deve scomparire. Per far posto a chi? A chiunque non sia implicato in scandali e scandaletti, non abbia goduto di privilegi assurdi, non abbia partecipato alla spartizione delle torte, non abbia contribuito al dissesto finanziario dello Stato. Aspettative illusorie? Può darsi. Ma la scelta popolare non è vasta: meglio confidare in chi non ha mai rubato o confermare i ladri e gli inetti cui si rimprovera di aver ridotto il Paese sull'orlo del baratro (per usare un'espressione ricorrente sulla bocca di Mario Monti)?
Il 2012 assomiglia maledettamente al 1992. Mi riferisco al clima politico. Vent'anni orsono eravamo allo sbando esattamente come oggi: imperversava Tangentopoli, il Muro di Berlino era appena caduto, l'Unione Sovietica si era da poco dissolta. E la Lega, snobbata a lungo, turbava i sonni degli inebetiti signori del pentapartito. Mutatis mutandis, oggi è lo stesso: l'Europa non c'è, ma ci soffoca con l'euro e le sue trappole burocratiche; il centrodestra si è intorcinato su se medesimo; il centrosinistra è sconvolto dalla guerra intestina fra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi; Umberto Bossi è stato condannato alla pensione, e gli altri partiti sono in coma.
Non resta che Grillo, del quale le masse nauseate non censurano il linguaggio infarcito di «cazzi» e «vaffanculo» in cui, anzi, si ritrovano. Qualcuno, sbagliando, lo paragona al Silvio Berlusconi esordiente. Ma è un fatto che ogni epoca ha il suo Berlusconi. Ora beccatevi questo. Poi mi direte se ci abbiamo guadagnato o perso. Intanto beccatevelo.
segue a pagina 2
di Vittorio Feltri
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.