Buemi: "Cacciare il Cav? Fretta sospetta La sentenza non è una clava..."

Il senatore della Giunta per le immunità in quota Pd si dissocia dalla sinistra: "Sì al ricorso alla Consulta per la legge Severino"

Buemi: "Cacciare il Cav? Fretta sospetta La sentenza non è una clava..."

A essere tirato per la giacca non ci sta. E adesso Enrico Buemi, senatore Psi entrato a Palazzo Madama in quota Pd dopo le dimissioni del sindaco di Roma Ignazio Marino, componente della Giunta per le immunità che il prossimo 9 settembre deciderà la sorte parlamentare del Cavaliere, è proprio stufo. «Repubblica – ironizza – mi ha piazzato da ogni parte, un giorno per il sì alla decadenza, l'altro per il no...».

E lei cosa farà? Voterà sì con la sinistra?
«Non voglio essere catalogato né tra i favorevoli né tra i contrari. La questione è molto complessa. Manca una giurisprudenza consolidata perché è la prima volta che si applica la legge Severino, ed è un tema di particolare rilievo politico a prescindere dal fatto che si tratti di Berlusconi. Per questo credo che sarebbe ragionevole attendere, per fare tutti gli approfondimenti necessari e non dare adito a sospetti di accanimento nei confronti di una persona. Una sentenza non può essere usata come una clava».

È quello che sta accadendo con il leader del Pdl?
«Mi sembra che ci sia una fretta un po' sospetta. Si vuole arrivare a un risultato politico senza un ragionamento. Non vorrei che l'Italia venisse annoverata tra i paesi, pochissimi, in cui gli avversari politici si eliminano mettendoli in galera. L'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge va mantenuta e l'applicazione deve essere uguale, ma uguale per tutti. Non si possono utilizzare le norme opache secondo necessità».

La legge Severino è una norma opaca?
«In questi anni sono state varate tante leggi fatte male. E la legge Severino si inserisce in questo quadro. Al cittadino devi dare chiarezza. Se l'interpretazione è difficile, e non siamo noi a dirlo ma anche molti giuristi, è chiaro che non rientra tra le norme facilmente interpretabili».

Il Pdl propone l'intervento della Consulta. È d'accordo?
«Potrebbe essere utile, non è da escludere, viste le implicazioni di questa situazione. Ma quello della corretta applicazione della Severino non è il solo problema che dobbiamo affrontare».

Quali sono gli altri nodi?
«Ci troviamo di fronte a una sentenza che non è completa. Se la Cassazione avesse confermato in toto la sentenza d'appello il quadro sarebbe stato chiaro. Ma così non è, e non possiamo non tenerne conto, sarebbe opportuno aspettare di avere una situazione processuale definita. E poi c'è il nodo dell'applicazione retroattiva, quello dell'indulto. Lo ribadisco, ci sono troppe questioni aperte, non c'è una giurisprudenza e la dottrina è limitatissima. Ecco perché serve un ragionamento approfondito e responsabile, non all'ingrosso come si fa con un avversario da abbattere. Anzi, proprio a chi non è amico, va dato qualche spazio in più».

Nel Pd c'è chi la pensa diversamente, per esempio qualche ex magistrato...
«C'è un eccesso di presenza di magistrati in Parlamento. Leggo le interviste del collega Casson, lui la fa facile, per lui non ci sono mai dubbi. È un problema di appartenenza, portano con sé l'imprinting del pm. Però poi per loro...»

Per loro cosa?
«Guardi, in giunta per ora stiamo discutendo anche di ineleggibilità e incandidabilità dei magistrati. Bene, in discussione c'è una norma transitoria che garantisce ai magistrati la non retroattività».

Quella che vogliono negare a

Berlusconi...
«Appunto».

Come bisogna procedere?
«Dobbiamo decidere in coscienza, da parlamentari e senza posizioni precostituite. Altrimenti una giunta composta da 23 senatori non avrebbe senso».

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