La capriola di Grillo: la Casta del Senato ha un nuovo paladino

La capriola di Grillo: la Casta del Senato ha un nuovo paladino

B isogna fare tabula rasa! Anzi no, niente riforme, tutti in trincea contro il progetto di abolizione del Senato e contro la svolta autoritaria.
Nessuno tocchi Palazzo Madama. È questo il nuovo slogan di Beppe Grillo, diventato - almeno apparentemente - protagonista di una sorta di svolta di salotto e di un monito certo non sgradito alla «casta». Per lui che vuole azzerare la vecchia politica, ribaltare i sepolcri imbiancati, muoversi su un binario parallelo, estraneo ai percorsi di chi da sempre tiene le leve del potere, la caduta appare fragorosa. Tanto più che Grillo si ritrova addirittura a firmare l'ennesimo documento promosso dalla premiata ditta Stefano Rodotà-Gustavo Zagrebelski contro la svolta autoritaria dell'abolizione del Senato, iscrivendosi così al vecchio circolo degli autoproclamati «sinceri democratici».
Il fascino dei salotti radical-chic, evidentemente, è una rete nella quale si fa fatica a non cadere. E così, impermeabile alle accuse di coloro che gli imputano di sfidare il paradosso visto il carattere ultra-carismatico del suo movimento, il fondatore della creatura pentastellata compie la sua (retro) svolta e si schiera a difesa dello status quo. Una linea del Piave sulla quale si ritrovano anche i suoi «cittadini», con Luigi Di Maio che sul Corriere della Sera - non esattamente un blog rivoluzionario - spiega perché il Senato non va abolito. Il motivo? Il bicameralismo perfetto rappresenta «un virtuoso meccanismo tramite il quale il Parlamento è in grado di ponderare adeguatamente scelte complesse e delicate», afferma il grillino. «Sono piene le cronache politiche di proposte di legge approvate da una Camera e per le quali la stessa maggioranza riconosce la necessità di un perfezionamento in seconda lettura. Sta succedendo in queste settimane con la legge elettorale».
In serata poi il leader pentastellato si fa intervistare da Matrix per spiegare ulteriormente i motivi del suo allarme rosso. «Il Senato può essere diminuito come membri e costi, ma ci vuole un organo di controllo oltre la Camera» spiega. «Qui non c'è più la democrazia. È necessario, c'è in tutta Europa, in tutto il mondo. Per questioni economiche, il Senato oggi costa 550 milioni l'anno: anche se togli i senatori e li metti senza stipendio risparmi 50/60 milioni, ma non risolvi». E ancora. «Togliamo i deputati, togliamo i senatori, facciamo come abbiamo detto noi: più di due legislature vanno a casa, metà stipendio, via i rimborsi elettorali, togliamo tutti i costi della politica, togliamo le pensioni, gli incentivi e facciamo una riforma pazzesca. Però bisogna decidersi su che tipo di Parlamento vogliamo: un Parlamento di senatori nominati e allora qui c'è in ballo la democrazia, non la Camera o il Senato». Magari la stessa democrazia sbandierata quotidianamente dal suo blog e che permetterà a un cittadino valdostano di essere inserito nelle liste per le prossime Europee con soli 33 voti raccolti alle primarie online.


Sul suo blog, infine, Grillo ospita un lungo editoriale di Aldo Giannuli dal titolo: «La democrazia repubblicana in pericolo» che mette in guardia dal pericolo di un esecutivo presieduto da un capo onnipotente e carismatico (l'«Unto del Signore»), limitato dal minor numero possibile di «impacci», a cominciare dalla Costituzione. Un monito curioso per un movimento costruito a sua immagine e somiglianza del suo leader.

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