Care mamme casalinghe, si è madri anche in ufficio

Care mamme casalinghe, si è madri anche in ufficio

Premettiamo che se a casa non ci fosse una madre che non lavora (la nostra) noi non potremmo essere qui a picchiare la tastiera con questo vigore sospetto. Però ammettiamo anche: la leggiadria nelle dita, il vigore sospetto, ce li ha messi la vendetta. Erano anni (tre e mezzo, per l'esattezza) che aspettavamo di dire quello che stiamo per dire. Lo spunto ce lo offre oggi la notizia che in Inghilterra, per i genitori che lavorano e-solo-per-loro, il governo ha previsto un bonus con cui pagare l'asilo o la baby sitter. Ovviamente si è scatenato l'inferno come davanti a un ordine di Russell Crowe, perché in questo modo, secondo molti, «ancora una volta, si penalizzano le mamme casalinghe». Ecco, è in quell'«ancora una volta» che da anni aspettiamo di tuffarci. Con tutta la tastiera. Scandalo? Ma quale scandalo?
Per carità, quando ti nasce un figlio, situazione condivisa da qualche miliardo di donna da qualche miliardo di anni, a nostro avviso avrebbero tutte (le donne, le mamme, lavoratrici e non) improvvisamente diritto a una serie di cose gratuite: un massaggiatore, due guardaroba nuovi per l'andamento del corpo a fisarmonica, un tricologo, un santone, un arredatore, una cattivissima schwester, un dolcissimo psicanalista, una derrata di integratori e un sacco di altre cose ancora. Ma tanto non c'è mai un cane che ci regali nemmeno una scatola di Bioscalin, quindi...
Detto ciò. Quando sentiamo che le mamme che non lavorano hanno ancora da recriminare il loro ruolo da cenerentole sociali, improvvisamente ci gonfiamo come rane e ci riempiamo di bolle rosse. Perché? Sono anni (tre e mezzo, per l'esattezza) che ci sentiamo scrutate, pesate, giudicate e inevitabilmente bocciate da queste mamme modello tutte parco, feste con i palloncini e scarpe basse. Anni (tre e mezzo, per l'esattezza) che il loro sopracciglio si increspa se solo intercettano una personalissima conversazione tra noi e nostro figlio che si conclude con «dai che la mamma è in ritardo, dai che la mamma deve andare a lavorare». L'atteggiamento delle mamme che non lavorano, nei confronti di quelle che lavorano è lo stesso atteggiamento che certa sinistra (quella che guarda Ferie d'agosto) ha nei confronti di certa destra (quella che guarda i film dei Vanzina): di inossidabile superiorità morale (nonché intellettuale).
Le madri che lavorano, invece, proprio perché lavorano, tendono ad avere rispetto nei confronti delle mansioni altrui (di qualunque mansioni si tratti) e tendono a non avere il tempo di occuparsi troppo delle vite altrui (e di come le altre mamme del parco arredino le loro lunghe giornate) e tendono, a causa di un dilaniante senso di colpa e di un perenne sospetto di inadeguatezza, a non salire in cattedra per dare lezioni alle altre mamme («si fa così, non si fa così, io faccio così»). Le madri che lavorano non sminuiscono affatto il ruolo delle mamme che non lavorano (il contrario avviene di continuo) e anzi tendono ad avere un atteggiamento da abusive colpevoli nei confronti di questi astri del focolare che sanno «come si alleva un figlio» e che «sono sempre presenti» e che del loro bambino «non si perdono nulla», dall'aria nella pancia allo yogurt rovesciato sul divano (perché per le cose più importanti anche, perfino le madri che lavorano fanno in modo di esserci). Le madri che lavorano, davanti al cancello dell'asilo, tendono sempre a sentirsi come chi, cosparsa di patchouli, entra in una stanza piena di Chanel.

Anche se davanti ai cancelli dell'asilo, dove la mamma che lavora è arrivata trafelata, trangugiando un panino con del prosciutto cotto grigiastro, dopo essersi rotta un tacco correndo fuori dalla riunione, trova uno stuolo di domestiche filippine. Perché le mamme che non lavorano, a quell'ora, hanno lezione di pilates.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica