Il Cav: basta sprechi, torniamo a Forza Italia

Berlusconi vuole abrogare il finanziamento ai partiti. La tentazione di rinnovare il Pdl "con lo spirito del '94"

Roma - Che Silvio Berlusconi voglia azzerare tutto o quasi non è notizia di ieri. E certo lo sfogo di Renata Polverini - che ovviamente ne ha per tutti i big laziali del Pdl - non fa che rafforzare le sue convinzioni. Così come i mugugni che aprono la riunione tra Angelino Alfano e i capigruppo regionali del Pdl quando a via dell'Umiltà si presenta anche quel Carlo De Romanis che con il suo «toga party» ha conquistato le prime pagine di tutti i giornali. Si lamentano in molti, soprattutto i lombardi, e alla fine il consigliere regionale del Lazio si accomoda fuori. Chi ha occasione di sentire il Cavaliere a sera, dopo tutta la giornata passata ad occuparsi delle beghe laziali, lo racconta «sconfortato» e «schifato», consapevole del fatto che «il Pdl così com'è strutturato va azzerato».
Il problema, però, resta quello di sempre: la tempistica. Inutile giocare d'anticipo, soprattutto finché non si sa con quale legge elettorale si andrà al voto. Silvio il temporeggiatore, insomma. Tanto che l'ufficio di presidenza del Pdl in programma per oggi viene rinviato a domani (forse) e sostituito da un pranzo ristretto con Alfano, coordinatori e capigruppo. Non prende tempo, invece, nel ritorno in prima fila. Nonostante restino le incertezze su quale sarà lo schema di gioco alle prossime elezioni, Berlusconi ha infatti deciso di scendere comunque in campo (si ragiona di nuovo sulla partecipazione ad una trasmissione tv). E battere su quegli stessi tasti che caratterizzarono la sua entrata in scena nel '94. Di qui l'affondo sul sistema dei finanziamenti alla politica che è da «abrogare». Alcuni «passi in questa direzione si sono fatti», dice l'ex premier riferendosi al Laziogate, ma «non basta» perché «le finanze pubbliche regionali e locali devono subire un esame senza indulgenze» e «controlli indipendenti» così da «abrogare ogni erogazione impropria».
Ma Berlusconi lo spirito del '94 lo cita espressamente quando promette per i prossimi mesi «un forte rinnovamento». D'altra parte, il Cavaliere è di nuovo su un suo vecchio pallino: ritornare a Forza Italia. E il passare dei giorni senza che si facciano passi in avanti sulla riforma della legge elettorale gli lascia pensare che alla fine potrebbe essere questo lo schema più plausibile. Se dovesse restare il Porcellum (o magari essere solo ritoccato con le preferenze) potrebbe infatti essere interesse di tutti una scissione «morbida» e consensuale. Soprattutto del Cavaliere che a quel punto non avrebbe problemi a ritornare a nome e simbolo di Forza Italia (sarà una coincidenza ma proprio ieri Alfano ha lanciato le assise straordinarie del Pdl sotto lo slogan «Rinascimento azzurro»). Senza considerare che in questo modo l'ex premier si sfilerebbe dalle inevitabili beghe per le liste elettorali (che in verità sono già iniziate). Che Berlusconi ci stia pensando seriamente gli ex An lo hanno capito, tanto che se fino a pochi giorni fa erano loro a minacciare di andarsene ora hanno deciso di ammorbidire i toni. «La parola scissione non è mai stata pronunciata da nessuno», giura infatti Ignazio La Russa. D'altra parte, costruire da zero un nuovo partito con le elezioni ormai alle porte è una sfida seria e da ragionare con calma. Anche se Berlusconi è convinto che se restasse il premio di maggioranza alla coalizione i due brand divisi (uno che guarda all'elettorato moderato e l'altro a quello di destra) avrebbero molte più chance e raccoglierebbero più voti. Magari con altre liste satelliti da portare nella coalizione. E tenendosi le mani libere per il dopo, nel caso dalle urne dovesse uscire una sorta di pareggio. A quel punto, infatti, potrebbe tornare di nuovo in scena Mario Monti per il quale anche ieri Berlusconi ha avuto parole di elogio.
Prende tempo, dunque. Ma con in testa l'idea di tornare a Forza Italia e di non trascurare l'ondata di crescente antipolitica. Perché, si sfogava giorni fa, «dopo lo spettacolo indegno del Lazio la gente ha ragione a non poterne più». Il rischio, poi, è che le sorprese non siano finite.

C'è il fronte Campania un Roberto Formigoni che in Lombardia tiene ma con qualche difficoltà. «Non ho titoli per dirgli cosa fare ed è un bravissimo governatore - dice Daniela Santanché - ma fossi stata in lui mi sarei già dimessa».

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