Sono più di trent'anni che se ne parla, periodicamente, e ogni volta che la questione torna a bomba scattano le polemiche. Sempre le stesse, il solito bla bla che non chiarisce le idee e semmai le confonde. Una barba infinita. Mi riferisco alle droghe leggere, le cosiddette canne, cioè sigarettone artigianali contenenti vegetali strani, tipo la marijuana, grazie alle quali, aspirandone il fumo, si proverebbero sensazioni piacevoli e, addirittura, secondo alcuni si trarrebbero effetti benefici per l'organismo.
Vero o falso? Non sono in grado di rispondere. Sono costretto ad attenermi ai luoghi comuni che proliferano in quest'ostica materia. Una cosa tuttavia è certa. Mettere sullo stesso piano le sostanze definite leggere e quelle riconosciute pesanti (eroina, cocaina eccetera) è sbagliato e non serve a dirimere il contenzioso: depenalizzare o no il consumo degli stupefacenti senza distinguere quali di essi uccidono e quali, invece, non sono affatto letali?
Ecco il punto. Ragionando senza farsi annebbiare dai pregiudizi nemici della razionalità, occorre ammettere che la marijuana, per esempio, per quanto non sia preferibile all'aerosol, non è più nociva di un bicchiere di vino o di un grappino. Non si comprende quindi perché debba essere osteggiata e proibita quasi fosse un pericolo per la salute pubblica, essendo stata equiparata gratuitamente alle «pere» e alle strisciate di polverina bianca. Non ha senso.
Per andare giù piatti, se è consentito bersi tre birre o due whisky o altrettanti cognac senza andare incontro a guai con la legge, non si capisce per quale motivo una boccata o cinque di fumo debbano costituire reato. Suvvia, si eviti di demonizzare i vizietti giovanili mentre si tollerano allegramente quelli senili: il cicchetto e le Marlboro, le cui conseguenze per la salute non sono né meno gravi né più trascurabili. È ora di aggiornarsi. Finiamola di ripetere come dischi rotti che le droghe leggere aprono la strada a quelle pesanti. Non è così o lo è solo in alcuni rari casi relativi a persone la cui fragilità è tale da renderle incapaci di difendersi da ogni tentazione, anche quella di distruggersi alla velocità della luce.
È inammissibile arrestare uno che aspiri hashish e similari e chiudere un occhio, anzi, due, davanti a uno che bruci 40 Camel al dì. Come è assurdo sbattere in galera un tipo che nell'orto di casa coltivi la cannabis con l'intento di «spararsela» nei polmoni e non di venderla al mercato nero. A proposito del quale vi è da precisare che viene incrementato proprio dal proibizionismo, che non ha mai fornito un buon servizio sociale. Al contrario, gli spacciatori, i «venditori di morte» e perfino quelli di erba, hanno sempre tratto enormi vantaggi dal contrabbando (che agisce nell'ombra alterando prezzi e finanziando la criminalità organizzata) fonte di denaro sporco e macchina inesauribile di propaganda favorevole alla diffusione delle sostanze vietate.
Le leggi restrittive, in questi campi, hanno sempre ottenuto risultati opposti a quelli desiderati da chi le ha scritte. Lo Stato, infine, pensi a sanare il debito pubblico e lasci ai cittadini la facoltà di scegliere ciò che fa bene e ciò che fa male. Di sicuro, ne uccide di più il fisco della marijuana.
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