La controffensiva di Berlusconi «Parte del Pd vuol farmi fuori»

Sull'ineleggibilità i democratici mettono a rischio la tenuta del governo Il timore del leader Pdl: "Senza me e Grillo la sinistra correrebbe da sola"

Silvio Berlusconi in un frame tratto dal suo intervento al Tg5
Silvio Berlusconi in un frame tratto dal suo intervento al Tg5

Sono giorni che nelle sue conversazioni private il Cavaliere ripete che «solo la guerra interna al Pd può davvero mettere in crisi il governo», perché «se rispetteranno gli impegni non abbiamo alcuna intenzione di farlo cadere». E sono giorni che diversi parlamentari lo mettono in guardia da un eventuale sgambetto dei Democratici, oggi forti di una legge elettorale sub iudice per incostituzionalità e che di fatto impedisce un ritorno alle urne. Qualunque cosa succeda all'esecutivo, infatti, è chiaro che non si può votare dopo che la Cassazione ha chiesto un giudizio di legittimità alla Corte Costituzionale.
E proprio ieri la questione Pd è diventata argomento di discussione. In mattinata, durante una riunione piuttosto frizzante del gruppo parlamentare del Pdl alla Camera. E in serata, con gli affondi del Cavaliere che – intervistato da Tg4 e Tg5 – è stato piuttosto tranchant. «C'è qualcuno – attacca – che vuole la mia ineleggibilità e l'incandidabilità del M5S. Questo qualcuno è un genio perché eliminato Berlusconi e Grillo il Pd correrebbe da solo». Il messaggio, insomma, è chiaro. Ed è diretto soprattutto ad Enrico Letta. Se il Pd pensa di fare scherzi – è il senso del ragionamento dell'ex premier – sappia che non si va da nessuna parte.
E così Berlusconi torna sì a ribadire che il fatto che centrosinistra e centrodestra governino insieme è «un'occasione epocale» e «straordinaria» per «mettere fine a quella guerra fredda e civile che dura da tanto», ma non perde l'occasione per ribadire qual è la sua linea sull'Imu. E se Letta aveva lasciato intendere che dopo la sospensione la questione si sarebbe in qualche modo ridiscussa a settembre, il Cavaliere chiede «la completa abrogazione dell'Imu per i primi di giugno». E sempre per quella data il leader Pdl vorrebbe un decreto con tutte le misure indispensabili per riavviare lo sviluppo, dall'azzeramento delle tasse sulle assunzioni dei giovani al cambiamento dei poteri di Equitalia fino al blocco dell'aumento dell'Iva».
Un Cavaliere che decide dunque di alzare l'asticella. Un risposta agli affondi del Pd sull'ineleggibilità ma pure alla frenata di Letta sull'Imu. E che potrebbe essere in qualche modo condizionata anche dal dibattito in corso sulla legge elettorale. Pare infatti che Berlusconi si stia iniziando a convincere che un qualche ritocco per assecondare le obiezioni della Cassazione sia necessaria, visto che in questa situazione di fatto è impensabile tornare al voto. L'argomento è stato tema di dibattito durante la riunione del gruppo Pdl alla Camera, con Fitto che ha posto il problema in modo molto chiaro. Ad oggi – è stato il senso del suo intervento – non è possibile tornare alle urne e se il Pd non rispetterà i patti, per esempio sull'Imu come lasciano intendere alcuni rinvii a settembre, noi non abbiamo alcuno strumento di pressione. Secondo l'ex ministro, insomma, il Pd dovrebbe «dimostrare la sua buona volontà» approvando un ritocco che in caso di crisi renda comunque percorribile la via delle urne. Altrimenti il rischio è quello di restare prigionieri dei veti dei Democratici. Altrimenti, ha fatto notare qualcuno a Berlusconi in questi giorni, «sia che non tengano fede agli impegni sull'Imu, sia che votino l'ineleggibilità potremmo restare con la pistola scarica». Analisi, quella di Fitto, condivisa in buona parte anche da Capezzone e, per altri versi, da Vito. Con un retro pensiero, visto che nel Pdl sono in tanti ad avere un dubbio: come mai la Cassazione si sveglia oggi, passati otto anni e due elezioni dal varo del Porcellum?
Una riunione, quella del gruppo Pdl, ravvivata dall'ex ministro Romano che ha sollevato il problema dell'articolo 6 dello Statuto del gruppo.

Prevede che non solo le proposte di legge, ma pure gli emendamenti, le interrogazioni e le interpellanze di ogni singolo deputato debbano essere «vistate» dalla presidenza. Una norma – fanno presente quasi tutti i parlamentari - non solo «sovietica» ma pure «incostituzionale».

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