Così sarà il "Nuovo centrodestra". Schifani pronto a fare il capogruppo

Il presidente dei senatori Pdl segui i transfughi. Per la Camera si scaldano Cicchitto e Costa. I ribelli sono 23 a Montecitorio e 37 a Palazzo Madama

Così sarà il "Nuovo centrodestra". Schifani pronto a fare il capogruppo

Roma - È tempo di numeri e di frenetiche raccolte di firme dalle parti degli «innovatori-alfaniani». In una giornata convulsa, segnata da infinite accelerazioni e improvvise frenate, tentativi di ricucitura e fughe in avanti, la scissione arriva al suo passaggio finale. «I falchi hanno impedito a Berlusconi qualsiasi ultimo tentativo di mediazione. Hanno voluto la rottura» scrive su Twitter Roberto Formigoni.

Il verdetto diventa ufficiale in serata, con l'annuncio di Angelino Alfano della nascita dei gruppi parlamentari, sotto il nome «Nuovo Centrodestra». Uno strappo provoca un terremoto alla presidenza del gruppo Pdl al Senato: nel giro di pochi minuti annunciano le dimissioni sia il presidente dei senatori azzurri Renato Schifani, sia il suo vice Giuseppe Esposito: «Dopo aver preso atto della costituzione del nuovo gruppo al Senato - la nota di Schifani dettata alle agenzie in serata - nato da una costola del Pdl, ritengo doveroso rassegnare le mie dimissioni da presidente del gruppo».

Ma fin dalla mattinata il via vai dei parlamentari della corrente degli «innovatori» tra Palazzo Madama, Montecitorio, Piazza Capranica, Largo Chigi e l'albergo Santa Chiara è continuo. In particolare mentre è in corso l'incontro decisivo tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano insieme agli altri 4 ministri, al Senato non si ferma la ricerca di firme per la creazione della nuova formazione. I tempi, spiegano nel pomeriggio, non sono ancora definiti. Nella corrente governativa c'è, infatti, chi spinge per annunciare subito il nuovo corso, in modo da bruciare i ponti (o ciò che ne resta) e chi chiede di aspettare almeno fino a lunedì. I risultati del reclutamento sono giudicati soddisfacenti da parte dei «governativi». La corrente alfaniana può, infatti contare sull'adesione certa di 30 senatori, 7 in più rispetto alle firme raccolte il 2 ottobre da Gaetano Quagliariello. Ma ce ne sono altri 7 pronti, così da toccare quota 37. «Siamo 23 alla Camera e 37 al Senato», conferma Roberto Formigoni in serata ospite di Otto e mezzo. L'intenzione, però, sarebbe quella di distillare l'ufficialità delle new entries nell'arco di una settimana. Maggiori difficoltà alla Camera dove le adesioni oscillano attorno a quota 22-23 e dove Enrico Costa (o in alternativa Fabrizio Cicchitto) dovrebbe conquistare il ruolo di capogruppo. Cifre comunque sufficienti per varcare le soglie minime (10 al Senato e 20 alla Camera), con relativi benefici logistici ed economici.

Il precipitare degli eventi toglie anche la suspence della conta al Consiglio nazionale. Gli alfaniani decidono, infatti, di disertare la riunione. «Sarebbe una corrida» spiegano. «Partecipare sarebbe il modo migliore per esacerbare ancora di più i toni». Si pensa anche a una riunione parallela last minute degli aderenti al documento Alfano. E c'è chi ipotizza la possibilità di impugnare il passaggio a Forza Italia, rivendicando il simbolo del Pdl e facendosi forti del fatto che lo statuto prevede la maggioranza dei due terzi degli «aventi diritto» e non dei «presenti», una soglia per il terzo restante di circa 290 consiglieri considerata alla portata dagli alfaniani. La tesi del conflitto con carte bollate non sembra, però, prevalente.

Si pensa, piuttosto, a ragionare sulla vera e propria formazione del partito. Un impegno gravoso per il quale Alfano avrebbe già compiuto alcuni passi, assicurandosi il sostegno di alcuni imprenditori veneti e lombardi disposti a investire sul nuovo progetto.

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