Confermato. I fenomeni in politica si sgonfiano presto. Alcuni ladri di galline hanno ridimensionato la Lega che pareva destinata a crescere e a dominare il Nord. A limitare i danni è arrivato Roberto Maroni. Riuscirà a evitare al Carroccio di fare una brutta fine? Gli auguriamo buona fortuna. Fausto Bertinotti e la sua Rifondazione sono in sonno; anzi, in coma. I Comunisti italiani cercano di risorgere: aspettano un miracolo, merce rara. L’Udc di Pier Ferdinando Casini si è ridotta a un lumino cimiteriale; per rimanere in campo mortuario, aspettiamo dall’aldilà notizie di Gianfranco Fini e del Fli, sepolti senza esequie come si conviene ai suicidi. L’esperienza di Antonio Ingroia è stata breve quanto un sospiro. Antonio Di Pietro? Lasciamo perdere. Non siamo di quelli che traggono soddisfazione dalle altrui disgrazie: deve essere il motivo per cui non siamo di sinistra. L’ultimo referto infausto giunge da Napoli: il sindaco, anche lui ex magistrato, quindi collega sia di Ingroia sia di Di Pietro, ha già interrotto la propria irresistibile ascesa e rischia di precipitare dalla popolarità alla impopolarità. Probabilmente è già in procinto di toccare il fondo. Sembrava proiettato verso chissà quali traguardi; i giornaloni lo dipingevano a tinte brillanti come l’uomo del presente e del futuro, l’incarnazione del nuovo che avrebbe sconfitto definitivamente il vecchio. E, invece, eccolo lì, boccheggiante, asfittico, incapace di arginare la contestazione dei suoi amministrati afflitti dall’esasperazione.
Egli è riuscito nella nobile impresa di far rimpiangere Rosa Russo Iervolino. Qualche napoletano, al culmine della perversione (politica, s’intende),è arrivato a confidare agli amici che, tutto sommato, in confronto a De Magistris, Antonio Bassolino era un emulo di Quintino Sella. Vabbè, non esageriamo. Però è un fatto che la ex capitale europea della cultura (parliamo di tre secoli fa) è scesa al punto più basso della propria storia: non funziona più niente,nemmeno l’ironia degli abitanti che aveva sempre consentito loro di sopportare, tra un sorriso e una canzone d’amore, la vita agra cui sono costretti da tempo. I trasporti, quando vanno, sono una presa in giro; talvolta si fermano per mancanza di carburante, ma al sindaco non importa un fico secco: che abbia l’auto blu?
De Magistris ha rivoluzionato la circolazione per soddisfare gli ambientalisti, che saranno trenta persone, e ha mandato in bestia un milioncino di concittadini, la metà dei quali, avendolo votato, è combattuta fra il senso di colpa e il desiderio di spaccare tutto. Perfino i ceti borghesi (e piccolo borghesi) hanno il sangue agli occhi, si sono addirittura abbandonati a una manifestazione di piazza con tanto di incidenti. È il segno che la misura è colma. Se la rabbia monta ancora, Napoli si infiammerà e per salvare il sindaco non basteranno i pompieri.
L’unica cosa che avanza nella metropoli, grazie al contributo decisivo della Giunta progressista, è il degrado. Ma il capolavoro compiuto dall’ex magistrato che il mondo tremare faceva, riguarda lo smaltimento dei rifiuti.
Giù il cappello davanti a De Magistris: nessuno meglio di lui è in grado di incrementare il business degli stranieri. Paga due e prende zero. E la città continua a essere sozza.
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