Dietro le rivelazioni del Prof una rivalsa col Colle

L'ultimo boccone amaro lo stop del capo dello Stato alle ambizioni europee di Monti

Dietro le rivelazioni del Prof una rivalsa col Colle

Roma - Sarà pure solo fumo come dice Giorgio Napolitano. Ma certamente Mario Monti sia nella conversazione con Alan Friedman, sia nella successiva puntualizzazione - la più classica delle smentite che non smentiscono - contribuisce in maniera decisiva a servire in tavola un arrosto ben farcito. «Nell'estate del 2011 ho avuto dal presidente della Repubblica dei segnali: mi aveva fatto capire che in caso di necessità dovevo essere disponibile. Ma è assurdo che venga considerato anomalo che un presidente della Repubblica si assicuri di capire se ci sia un'alternativa se si dovesse porre un problema» dice Mario Monti al telegiornale della rete ammiraglia. L'ex premier rivela di essere stato contattato anche dal predecessore di Napolitano al Quirinale, Carlo Azeglio Ciampi, per un incarico da presidente del Consiglio: «Anni prima - racconta - anche Ciampi discretamente mi contattò per sapere se a certe condizioni sarei potuto essere disponibile».

Per tutta la giornata la domanda che si sente risuonare nei corridoi di Montecitorio è: perché il Professore improvvisamente «confessa» e racconta le verità nascoste della sua nomina, mettendo in profondo imbarazzo il Colle? Perché di fatto mette la sua firma nella ricostruzione che Friedman sintetizza come il «replacement of the elected Mr Berlusconi by the unelected technocrat Mr Monti»? Le interpretazioni del pasticciaccio sono diverse. La tesi dominante è quella che sintetizza (e forse semplifica) l'accaduto in una miscela di nervosismo, malumori e ripicche. In sostanza molti leggono in questa rivelazione del retroscena quirinalizio il segno di un rapporto tra Napolitano e Monti ridotto ai minimi termini, logorato da una serie di incomprensioni. Un rapporto probabilmente definitivamente chiuso dopo un incidente diplomatico dai caratteri perlomeno irrituali, per usare un morbido eufemismo.

Per molti l'uscita di Monti - il racconto di una anomalia macroscopica risalente non a venti ma a due anni fa - risuona come un memento della genesi della sua carriera politica, benedetta dal Colle. Insomma, un modo per ricordare a tutti come e da chi sia stato creato il Monti politico. Molti, al di là dell'aperto conflitto scoppiato a fine 2012 sull'opportunità di una discesa in campo del senatore a vita con una sua forza politica (una mossa sconsigliata con forza da Napolitano) individuano in fatti più recenti la scintilla dell'incendio. Nelle ultime settimane, raccontano, Monti, forte del suo curriculum europeo, avrebbe nuovamente tentato di creare le condizioni per una sua candidatura in sede Ue, visto che dopo il voto di maggio verranno rinnovate molte cariche. Monti, però, sarebbe stato stoppato sia da Giorgio Napolitano che da Enrico Letta che gli avrebbero spiegato l'impossibilità di sponsorizzare il suo nome potendo l'Italia già contare sulla presidenza della Bce con Mario Draghi. Queste frizioni avrebbero creato le condizioni per quella che appare come una «Operazione harakiri» visto che dopo questa sortita l'affidabilità di Monti non può che subire un durissimo contraccolpo. «È come se, mentre si sta facendo un'operazione a cuore aperto, uno entra con uno stereo sulla spalla», si commenta nei palazzi.

C'è però un'altra lettura che circola: quella che vedrebbe Monti inciampato nella rete tesa da Romano Prodi e Carlo De Benedetti. Un'operazione che, secondo i fautori di questa tesi, potrebbe indebolire Napolitano, aprendo scenari imprevisti nella corsa al Quirinale.

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