Dodici anni di dubbi e misteri La donna che ha diviso l'Italia

Dodici anni di dubbi e misteri La donna che ha diviso l'Italia

È il 30 gennaio 2002 quando in una villetta di Montroz, frazione di Cogne, muore Samuele Lorenzi, 3 anni. Il piccolo ha la testa fracassata. L'inizio di un giallo che dividerà l'Italia. Inizialmente si ipotizza un'incidente, addirittura una morte per cause naturali, nel giro di pochi giorni a finire indagata con l'accusa di omicidio sarà la madre, Annamaria Franzoni. Fu lei a dare l'allarme, quella mattina, chiamando il 118. Disse che il piccolo stava male, che vomitava sangue, che lo aveva trovato in quello stato dopo averlo lasciato solo nel letto per accompagnare l'altro figlio, il maggiore, Davide, allo scuolabus. Il marito, Stefano Lorenzi era già uscito, per andare al lavoro. L'autopsia rivelerà che il bimbo era stato colpito al capo, con un oggetto contundente, almeno 17 volte. Ma l'arma del delitto non si trova. Si scatena una ridda di sospetti, accuse, forse depistaggi. Annamaria punta l'indice su un vicino di casa, che però, stando alle indagini, risulta del tutto estraneo. Poi su un'altra vicina, anche lei ben presto «scagionata». A questo punto resta solo lei, Franzoni, l'unica possibile sospettata. Lei, capace di restare incinta, pochi mesi dopo la morte di Samuele, e dividere ancora l'Italia. Nel 2004 viene condannata in primo grado con rito abbreviato a 30 anni di reclusione. Il 27 aprile 2007 la Corte d'Assise d'appello, applicando le attenuanti generiche, le riduce la pena a 16 anni. Per arrivare all'ultima sentenza, quella della Cassazione. Che il 21 maggio 2008 la riconosce definitivamente colpevole per l'omicidio del figlioletto.

Fin dall'inizio la mente di Annamaria passò al setaccio di psicologici e psichiatri. Che la definirono persona affetta da «nevrosi isterica», cioè portata alla teatralità e alla simulazione. Adesso l'ultima perizia ci dice che, quasi a fine pena, non è più pericolosa.

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