E Tulliani non si muove: è ancora nella casa di An

Il nome del cognato di Fini compare sempre sul campanello della residenza di Montecarlo. I militanti: «Senza vergogna»

E Tulliani non si muove: è ancora nella casa di An

Fratelli d'Italia? Piuttosto «fratelli coltelli», penserà il presidente della Camera in merito all'ultima iniziativa della sezione di Lodi, della neonata formazione politica guidata da Guido Crosetto e Giorgia Meloni. In piena campagna elettorale non si risparmiano colpi; ed è così che un gruppo di militanti di Fratelli d'Italia si è recato a Montecarlo martedì scorso. Oggetto della visita? Naturalmente quello di verificare se al numero 14 di boulevard Princesse Charlotte risiedesse ancora Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di chi ancor oggi siede sulla poltrona più alta di Montecitorio. L'amara scoperta, per i giovani attivisti, è stata di constatare che al citofono persiste il nome di Tulliani. Indignati, hanno deciso di apporre sul campanello, sulla cassetta delle lettere e sulla porta d'ingresso dell'appartamento cartelli con lo slogan «Fini, ridacci il maltolto». Il riferimento è chiaro. Nel comunicato che accompagna il raid si parla di «svendita» di un appartamento che era entrato nel 1999 nel patrimonio di Alleanza nazionale, come dono della contessa Anna Maria Colleoni, ultima discendente del celeberrimo condottiero Bartolomeo.

Bene che poi fu alienato dal partito e che finì nelle mani di una società off-shore con sede a Santa Lucia (Antille). Il clamore mediatico fu forte. I finiani parlarono di macchina del fango ma le prove erano (e restano) tali che dimostrano almeno una responsabilità «politica» piena di chi ha sempre sbandierato la totale estraneità ai fatti contestatigli. A un mese dal voto, hanno pensato gli attivisti lodigiani di Fratelli d'Italia piantonando lo stabile del monegasco boulevard Princesse Charlotte, nulla è cambiato. E il vasto movimento d'opinione che è scaturito da questo «scandalo» non ha sortito alcun effetto. L'appartamento ereditato da An resterebbe nella disponibilità del signor Tulliani (anche se ufficialmente sarebbe di proprietà della società Printemps con sede proprio nelle Antille), mentre alla presidenza della Camera troviamo suo cognato, che aveva sì annunciato pronte dimissioni nel caso fosse dimostrata la sua malafede ma che non ha mai fatto un passo indietro pur di fronte all'evidenza di una responsabilità politica provata e censurata da tutto l'arco parlamentare (eredi di An compresi). «Fini, oltre ad essere stato il voltagabbana per eccellenza - commenta Andrea Dardi, ideatore di questo raid - si è macchiato della vergogna di aver svenduto il patrimonio della comunità di An. Quanto accaduto è sintomo della pochezza politica in cui è precipitato il signor Fini». Da Montecarlo a Montecitorio, però, il denominatore comune è la resistenza. L'inquilino non vuol cercarsi un altro tetto. Tulliani proprio come suo cognato. E nel caso di quest'ultimo si può dire che la resistenza è trentennale.

Altro che «società civile» e «nuovo che avanza»! L'ex delfino di Almirante si è già prenotato il posto in un cantuccio di Palazzo Montecitorio dove è candidato. Si sa, ci è affezionato, visto che vi risiede dal 12 luglio del 1983.

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