Passano i giorni,l’autunno si avvicina col suo carico di problemi occupazionali, il Pil è una frana, ma i partiti non danno segni di ravvedimento e continuano, maniacalmente, a coltivare i vizi a causa dei quali hanno perso la fiducia dei cittadini. Da otto mesi e più, essi trattano per modificare la legge elettorale e non hanno combinato niente. Non parliamo poi delle alleanze, degli apparentamenti, delle coalizioni indispensabili per tentare di formare una qualsivoglia maggioranza. Le chiacchiere sono tante ma non si sa ancora come saranno gli schieramenti che si presenteranno alle elezioni del 2013.
A incrementare incertezza e confusione, piovono sondaggi e opinioni di vari gruppi di potere che confermano Mario Monti guida gradita anche del governo nella prossima legislatura. Un tema, questo, che ha dato la stura a un dibattito da cui emergono timori addirittura angosciosi. Il Pd in particolare è nel panico: convinto fino a ieri di avere in tasca la vittoria alle urne, ora è obbligato a fare i conticon la ventilata candidatura del Professore, che ha l’aria di essere una minaccia.
Lo si evince dalle dichiarazioni rilasciate dai leader progressisti, da Cesare Damiano a Beppe Fioroni, da Stefano Fassina allo stesso Pier Luigi Bersani. Costoro, dopo aver a lungo caldeggiato l’arrivo dei tecnici, dopo essere riusciti col supporto di Giorgio Napolitano a mandarli a Palazzo Chigi, adesso sono terrorizzati all’idea che ci rimangano. E non bastano le smentite del premier a rassicurarli.
I progressisti sospettano che le mosse di Pier Ferdinando Casini celino un tranello: questi, infatti, insiste nel dire che Monti non solo è l’uomo del presente, ma anche del futuro. Una trovata propagandistica o un piano concordato con industriali, finanzieri e banche?Da notare che l’Udcsarebbe in procinto di maritarsi col Pd. Ma che unione sarebbe quella tra due soggetti politici con posizioni di partenza tanto diverse? E come si può pensare seriamente che il centrosinistra coopti Nichi Vendola, capo di Sinistra ecologia libertà, in una siffatta coalizione?
Se a ciò aggiungiamo che il governatore della Puglia intende seguire Antonio Di Pietro sulla strada del referendum contro il ministro Elsa Fornero, ecco completato il quadro caotico del Pd e dei suoi potenziali alleati. Senza contare un altro elemento foriero di turbolenze: Matteo Renzi, pronto a partecipare alle cosiddette primarie, è già accreditato di numerosi consensi, tali da mettere in dubbio il trionfo di Bersani, dato per scontato sino a qualche settimana fa.
Manca solo che nel pentolone della ribollita di sinistra finisca Rosy Bindi, anche lei decisa a iscriversi alla maratona dei candidati premier democratici. Se così fosse, l’esito della competizione potrebbe provocare l’implosione del Pd per eccesso di pretendenti al trono, nessuno dei quali però in grado di avere voti a sufficienza per conquistare una leadership credibile.
Stante la descritta baraonda, va da sé che al centrodestra - Silvio Berlusconi o no in campo- nella presente congiuntura conviene non muovere dito. Anzi, si consiglia immobilità assoluta. I vertici del Pdl si persuadano: il loro rilancio può avvenire grazie alla litigiosità degli avversari. Stiano fermi, lascino che i big democratici si scannino fra loro.
Qualche pezzo grosso potrebbe cadere nella polvere. Ricordano i lettori la «gioiosa macchina da guerra» di Achille Occhetto, anno 1994? Massì, confidiamo nei corsi e ricorsi storici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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