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«Emarginare i giustizialisti è l'unica salvezza per il Pd»

Roma«Epifani ha bisogno di tanti auguri. Se capisco bene il senso della decisione del Consorzio delle Correnti, gli si chiede di “dirigere” senza “decidere”. E lui sa bene come si riesce in quest'impresa» dice Ottaviano Del Turco, anche lui ex socialista, anche lui ex Cgil, anche lui ex Pd, per il resto due strade opposte. Uno, Epifani, eletto segretario del Pd, l'altro cancellato e rimosso dagli ex compagni di partito dopo l'inchiesta sulla sanità abruzzese (un terremoto: un mese di galera, dimissioni da governatore e nuove elezioni in Abruzzo) e cinque anni di un processo ancora in corso dove le “prove” si stanno sgretolando e le accuse (le tangenti) non trovano riscontri. «Ma non voglio paragoni tra me ed Epifani. Parliamo di lui e basta».
Buona idea farlo segretario del Pd?
«È la persona giusta per portare il Pd sano e salvo al congresso. Guglielmo è sempre stato il più diplomatico dei dirigenti Cgil e il compito che lo aspetta nel Pd, vista la fine dei suoi predecessori, è di altissima diplomazia.
Cosa deve fare per non fare la stessa fine?
«Ha due strade davanti a sé. Una è quella notarile, per cui governa le divisioni dentro il Pd come ha fatto all'epoca dello scontro Cgil con la Fiom. Ma ha anche un'altra strada, innovativa, che gli deriva dalla forza di essere stato chiamato. Aprire il Pd ad un'altra idea del confronto politico, in cui l'ossessione di Berlusconi lascia il passo a un dialogo con i moderati italiani».
Anche sulla giustizia, mentre il Pdl manifesta contro i pm politicizzati?
«Ma è proprio la scelta di allearsi col giustizialismo alla Di Pietro il peccato originale del Pd di Veltroni! È quella la ragione profonda della crisi del partito democratico, non è colpa di Bersani. È stato l'abbraccio col partito dei giustizialisti che ha rotto con la tradizione socialista, garantista della sinistra italiana. L'idea che i conti con Berlusconi si potesse risolvere con le Procure. È per questo che il Pd è finito così».
A sinistra dicono l'opposto, che l'errore del Pd è di essere stato troppo conciliante con Berlusconi.
«La verità è che molti, ancora oggi, a sinistra, continuano a pensare che il leader del centrodestra non debbano sceglierlo gli elettori moderati ma un confuso asse tra la sinistra e un sistema di Procure. È un errore drammatico. E su questo mi aspetto molto da Epifani, perché conosco la sua vocazione garantista. Può far fare un salto al Pd».
Renzi no?
«All'inizio mi piaceva molto, poi è cambiato. Mi è sembrato pronto al compromesso con un Pd disponibile a sostenerlo a patto che diventasse, per così dire, meno “renziano” di quanto non fosse all'inizio. Ma al congresso dovrà dire chi è e cosa vuole fare».
Insomma il Pd per cambiare deve rottamare davvero i vecchi diessini.
«Guardi, abbiamo un ex socialista che è diventato segretario del Pd e un ex democristiano diventato premier, scompare dall'orizzonte politico italiano la tradizione comunista. Io ho lottato per tutta la vita per questo superamento. All'inizio della legislatura sembrava che dovessero prendersi tutto, dal Quirinale al premier ai presidenti di Camere e Commissioni, e invece siamo alla presa d'atto che una storia, quella degli ex comunisti, si è conclusa».
Un Pd in versione socialista-garantista.
«Il dramma è quello che ho visto l'altra sera a Porta a porta. Un circolo del Pd dove arriva la notizia della condanna di Berlusconi e parte un applauso che non finisce mai. Sembrava un'assemblea di tricoteuse davanti alla ghigliottina più che di militanti di partito».
«Grave la manifestazione del Pdl contro i pm» dicono dal Pd.
«Col Pci, negli anni difficili, c'erano rivolte di piazza, altro che manifestazioni. Il centrodestra ha il diritto, come tutti, di manifestare le sue idee.

Che poi Berlusconi difenda il suo diritto di essere il leader dei moderati italiani è talmente banale che metterlo in discussione, questo sì è una concezione pericolosa della democrazia».

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