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Emergenza Monti

Situazione peggiore di quando Berlusconi passò le consegne. E anche la Germania adesso ha paura

C’è un’emergenza Berlusconi, scrissero i giornali di sinistra nel novembre scor­so quando lo spread superò quota 530 e l’Italia veniva snobbata da Germa­nia e Francia. Bene, allora oggi bisogna avere il corag­gio di dire che c’è una emergenza Monti, visto che il differenziale ieri ha toccato i 537 punti nell’indiffe­renz­a di Parigi e Berlino che hanno respinto al mitten­te un disperato appello della Spagna, probabilmente condiviso dal nostro governo, ai vertici europei: fate presto ad attivare lo scudo anti spread altrimenti mo­riamo. È ormai evidente che la Merkel sta portando a spasso Monti da un vertice all’altro senza nulla conce­dere, un turismo politico che ci fa perdere tempo e av­vantaggia solo la Germania. Cambiare subito le rego­le fondanti dell’euro e quindi i poteri della Banca cen­trale europea: questo è l’ultimatum che l’Italia do­vrebbe mettere con forza sul tavolo delle trattative mi­nacciando, se è il caso, di fare saltare tavolo e moneta. Perché quelle regole, pensate oltre dieci anni fa in un clima di euforia truffaldina, non reggono più.
Cambiare le regole per salvarsi deve valere anche al nostro interno. Pdl e Lega, dimostrando che questo è l’unico asse riformatore al momento possibile, ieri hanno dato una spallata al vecchio sistema. Il Senato, con i voti della vecchia maggioranza, ha infatti appro­vato il presidenzialismo alla francese ( presidente del­la Repubblica con ampi poteri eletto dalla gente, fine del bicameralismo con il Senato territoriale) che è l’unica speranza di poter governare un domani il Pae­se in modo moderno ed efficiente. La sinistra si è op­posta, ferma al lacerante dibattito interno sui matri­moni gay e sulle regole delle primarie. Lo farà anche alla Camera, impedendo di fatto il varo della mamma di tutte le riforme, l’unica che potrebbe ridare all’Ita­lia autorevolezza e credibilità internazionale.
Il combinato disposto tra il Monti in crisi e l’impos­sibilità di creare un asse riformatore Pdl-Pd non è di buon auspicio per un finale di legislatura che abbia senso.

E lo sa anche Monti, che è forse il primo a vole­re staccare la spina al suo governo prima che sia trop­po tardi. Ma non è detto, stante la situazione, che ci riesca. Anche per i partiti è dura accettare di fare da cornuti e mazziati.

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