Emorragia Pd in Emilia: la grande fuga di 45mila iscritti

Da tre anni in discesa libera: anche il cuore rosso d’Italia è stato trafitto. E "l’effetto feste" non funziona più

Rimini
Il videomessaggio di Pier Luigi Bersa­ni, la campagna «Ti presento i miei», le «fe­ste del tesseramento », i pranzi democrati­ci, i volantini, le convocazioni nei circoli, il lavoro ventre a terra dei dirigenti locali schierati sul territorio e impegnati a ronza­re­attorno ai simpatizzanti come falene at­torno alle lampadine.
Senza dimenticare la Gran Tombola e la Pesca Gigante, ovvero le mille iniziative collaterali utili a richiamare l’attenzione e agire come una sorta di memento per i militanti. È davvero dura nella stagione dell’antipolitica provare a nuotare contro­corrente e richiamare gli iscritti al rinno­vo della tessera.
Lo è perfino per il Partito democratico dell’Emilia Romagna,il cuore rosso d’Ita­lia, regione a regime (politico) speciale in cui il brivido dell’alternanza non è mai al­l’ordine del giorno. Qui nella terra mono­colore per eccellenza dove il comunismo affonda le radici nelle battaglie dei brac­cianti romagnoli di fine Ottocento, è tem­po di reclutamento.
Certo il vecchio e monolitico Pci non c’è più ma la struttura organizzativa resi­ste e si muove come una macchina se non da guerra almeno di ottima cilindrata. Cio­nonostante alla vigilia dell’avvio delle grande feste i conti fanno fatica a quadra­re.
L’ammissione è arrivata nei giorni scorsi da parte dello stesso responsabile organizzativo dei democratici in Emilia Romagna che al Corriere di Bologna ha ri­velato che «all’inizio di agosto avevamo circa 60mila iscritti. L’obiettivo è arrivare a quota 65mila entro la fine di questo me­se. A quel punto dovremmo aver tessera­to il 71% del totale dello scorso anno».
La flessione, dunque, è visibile anche se non clamorosa. Quello che preoccupa è, però, il trend in costante discesa. Se nel
2009 gli iscritti in Emilia Romagna erano superiori ai 105mila, nel 2011 si è scesi a quota 92mila. Inoltre come ammettono gli stessi dirigenti locali non è per niente certo che ci si riuscirà ad avvicinare ai livel­li dello scorso anno, anche dopo«l’effetto feste».
«Di sicuro non c’è niente, la fatica di questi tempi si sente».
Le motivazioni che lo stato maggiore di una delle regioni-pilastro
per il Pd individua sono improntate al buon senso.«C’è la crisi,il clima di antipo­litica, in parte paghiamo il sostegno al go­verno, senza contare il terremoto», spiega al Corriere il responsabile organizzativo, Giorgio Sagrini.Certo colpisce sentir cita­re tra le ragioni della disaffezione l’appog­gio al governo di Mario Monti, visto che l’operazione «tecnica» è stata quella che ha liberato i compagni del nemico nume­ro uno Silvio Berlusconi.
Ma evidentemente la propaganda pura, perfino contro colui che è stato eletto da de­cenni a grande idolo del male, non basta più a garantire consenso a buon mercato. Di certo nelle grandi Feste de
l’Unità organizzate nel triangolo rosso emilia­no si cercherà di richia­mare tutti al dovere della partecipazione «concreta».
Ieri, ad esempio, Vasco Errani è sceso in campo a Ravenna intervistato dal diretto­re de l’Unità , Claudio Sardo. Così come si apprestano a farlo Pier Luigi Bersani, Wal­ter Veltroni e Piero Fassino.


Un’offensiva dei leader che servirà a tentare il grande recupero da parte di un partito che non vuole trasformarsi, suo malgrado, in quella forza leggera preco­nizzata dallo stesso Veltroni.

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