Continua lo scivolamento a sinistra di Gianfranco Fini. L’ultimo capitolo della conversione è stato scritto ieri, quando il presidente della Camera ha praticamente introdotto il matrimonio gay alla Camera. Rispondendo a un’interrogazione della deputata Pd Paola Concia, Fini ha promesso che proporrà di estendere i dirittiriconosciuti dal regolamento di Montecitorio (per esempio l’assistenza sanitaria) anche ai compagni dello stesso sesso dei deputati omosessuali, perché «non si può nascondere la testa nella sabbia come gli struzzi».Un’uscita che è sembrata un blitze una forzatura e che non è piaciuta alle forze più moderate.
A dire la verità, ai deputati non è piaciuto nemmeno il crollo di un metro quadrato di intonaco a Montecitorio. Tutti spaventati, ma da Fini neanche una parola per commentare lo spiacevole incidente, altro che Bondi che doveva sempre dare spiegazioni e dimettersi. Solo che per Pompei, che è Pompei, si racimolarono 105 milioni di euro ( per i due crolli), mentre per la Camera dei deputati se ne spendono 180 all’anno. Monti che dice?
Così,l’Italia comincia ad andare in pezzi, non a caso, al piano nobile di Montecitorio, sala della Lupa, il massimo quanto a rappresentanza. Nientemeno che il luogo dove fu proclamato il risultato del referendum del 2 giugno 1946 che segnò la nascita della Repubblica. Nottetempo frammenti d’intonaco si staccano dall’affresco della volta, l’«Allegoria di Roma», opera che il pugliese Ignazio Perricci dipinse nel 1884 per celebrare Roma capitale. Niente di particolarmente prezioso ( oltretutto la superficie danneggiata non riguarda la parte visibile dell’opera), ma considerato il delicato momento politico, c’è di che essere preoccupati. Inoltre, in luogo della presentazione del libro di Papa Benedetto XVI La carità Politica. Discorsi agli uomini e alle donne impegnati nelle istituzioni civili , si è svolto il sopralluogo della direzione regionale per i Beni culturali. Un segno? Altri soldi da spendere come se non bastassero crisi, spending review e gli oltre 180 milioni annualmente in bilancio alla Camera per quanto riguarda la manutenzione delle opere d’arte. Chissà se saranno sufficienti e chissà se ora al presidente Fini si potrà fare qualche appunto sullo stato di conservazione di Palazzo Montecitorio, bene storico della Capitale.
In prospettiva è un bel problema. A Montecitorio si trovano, infatti, più di mille dipinti e sculture datati tra il XVI e XX secolo, migliaia di incisioni e stampe, reperti archeologici, orologi,mobili d’epoca,arazzi e busti. Manutenzione costosissima. Una buona parte di queste opere è di proprietà delle varie soprintendenze e si trova in deposito temporaneo presso la Camera. La rimanente parte del patrimonio artistico, rappresentata soprattutto da opere d’arte moderna e contemporanea, è stata acquisita in proprietà dalla Camera a partire dagli anni Trenta.
Una piccola parte del patrimonio artistico è inoltre rappresentata da donazioni. Insomma, un museo.
Quanto all’affresco si riconoscono l’Italia- una figura femminile con corona turrita - e Roma, simboleggiata dalla Lupa.
Fra le nuvole sono tratteggiati episodi della storia nazionale,come l’incontro del 1860 fra Garibaldi e Vittorio Emanuele II a Teano. In basso si legge «A Roma ci siamo e vi resteremo», frase pronunciata dal re una volta giunto nella capitale pontificia. Se non succedono sconquassi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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