Fini è già nel dimenticatoio Ora parla alle sedie vuote

Ad ascoltare il presidente della Camera ad Agrigento per un convegno ci sono meno di cinquanta persone. L'immagine plastica di un flop personale e politico

Fini è già nel dimenticatoio Ora parla alle sedie vuote

La seconda fila è quasi piena. C'è la bambina lì al centro, con il cerchietto tra i capelli e le dita nel naso. La signora seduta di lato che si gratta la testa. La ragazza bionda, quella con la camicia a scacchi, che disperata si tiene una mano sulla fronte. Gli altri quattro bambini, attratti forse dalle caramelle, che guardano il palco con lo sguardo perso. C'è pure un tipo un po' in carne che, chissà perché, magari per fare qualcosa, batte le mani.

E in realtà c'è ben poco da applaudire al cinema-teatro Astor di Agrigento e Gianfranco Fini è il primo a rendersene conto. La seconda fila è quasi piena ma le altre sono vuote. Cinquanta persone scarse in sala, compresi gli studenti della scuola medie, i candidati e la scorta del presidente della Camera. Questo è il pubblico che accoglie Fini nel suo tour elettorale in Sicilia meridionale, questa è l'immagine plastica, teatrale appunto, del fiasco di Futuro e libertà.

La terza carica dello Stato ha la cravatta rossa, in nuance con il velluto delle poltrone vuote, e desolato assiste in piedi al disastro. Scuote la testa, parlotta con il fido Fabio Granata, fa un po' di smorfie con la mascella, smanetta con il cellulare. È furioso, indispettito, e si vede con chiarezza. Il flop del Fli infatti non è solo un gioco di parole, ma sta diventando una costante di questa campagna elettorale.

E dire che alla vigilia la Sicilia prometteva bene. Granata, coordinatore nazionale, ipotizzava folle in attesa e prevedeva buoni risultati ai seggi: «Nell'isola prenderemo il cinque per cento». Ma già la tappa palermitana era andata male, con quell'idea di presentarsi in via D'Amelio a casa di Borsellino, sia pure senza bandiere: un'iniziativa contestata e con una partecipazione molto al di sotto delle aspettative.

Comunque un successo, in confronto alla gita ad Agrigento, dove Fini trova ad attenderlo il vuoto pneumatico. A pesare, raccontano, la scelta del partito di schierare Fabio Granata come secondo in lista nella Sicilia occidentale, al posto del potente Luigi Gentile, ex assessore regionale ai Lavori pubblici, un altro fedelissimo del capo. Gentile però, che cercava un posto più sicuro, non ha preso bene il declassamento e ha sbattuto la porta. «Noi non facciamo operazioni di trasformismo e di convenienza», ha dichiarato prima di andarsene dal Fli per fondare, insieme al consigliere regionale Livio Marrocco, un movimento, Noi per la Sicilia, che si è subito affiliato agli amici-rivali dell'Udc.

Il presidente della Camera, evidentemente, ha sottovalutato la defezione del duo Gentile-Marrocco e il loro seguito locale. Tre mesi fa per sentire Fini ad Agrigento erano venuti in pullman da tutta l'isola. E ora invece eccolo in piedi sul palco mentre guarda e riguarda il cinema semideserto. Quei bambini in seconda fila, quelle tantissime poltrone vuote, quel senso di desolazione. C'è uno in piedi che scatta foto con un tablet, c'è persino un vecchietto che dorme in fondo alla sala. Impossibile «compattare» il pubblico, sono troppo pochi per riunirli tutti da una parte e riprenderli in tv come se il teatro fosse pieno. Una scena surreale, che a Pirandello sarebbe piaciuta.

Ma siccome lo spettacolo deve andare avanti, Fini tiene comunque il suo discorso. Attacca i transfughi, se la prende con Berlusconi e nonostante tutto si dice fiducioso per le sorti del suo movimento. «Sono ottimista per la coalizione Monti e anche Futuro e libertà». Concetti che riprenderà nelle ore successive.

Gli ultimi sondaggi ufficiali lo davano attorno all'uno per cento, ma il Cavaliere pensa che «non entrerà in Parlamento». Previsioni che Fini cerca di esorcizzare: «Non ho timori per i risultati di Fli, prenderemo voti a sufficienza». Certo non ad Agrigento. Chissà, forse andrà meglio domani, a Perugia.

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