Forteto, il coraggio delle vittime. Dopo le denunce pure le minacce

Chi ha parlato delle violenze subisce aggressioni e intimidazioni: fili del telefono tranciati, gomme bucate, botte e pressioni psicologiche

Forteto, il coraggio delle vittime. Dopo le denunce pure le minacce

Ci vuole coraggio per denunciare gli orrori del Mugello: Sergio Pietracito, presidente dell'Associazione vittime del Forteto, confessa che quando lasciò la comunità fuggì all'estero - prima in Francia poi in Olanda - per evitare ritorsioni. «Avevo il terrore che venissero a cercarmi», ammette. Ora è lui a chiedere verità e giustizia per chi ha subito violenze, abusi, maltrattamenti. Non c'è rabbia nel volto e nelle parole di chi è riuscito a rompere con un passato raccapricciante. Essi raccontano i fatti con pacatezza perché l'atrocità del dolore sopportato, prima nelle famiglie di origine e poi nella comunità degli orrori, non si è trasformata in protesta da strada ma in una ritrovata dignità, una nuova coscienza di se stessi. Non hanno voluto che il male avesse la meglio.

Ci vuole coraggio anche perché il Forteto non appartiene soltanto al loro passato. Le vittime che hanno denunciato la comunità sono attese da pressioni e minacce. Dopo l'arresto di Fiesoli, avvenuto alla fine del dicembre 2011, l'Associazione si è strutturata e certi suoi aderenti sono venuti allo scoperto. I nomi sono circolati sui giornali, alcuni sono apparsi in televisione, intervistati da Barbara D'Urso a Pomeriggio 5 oltre che dalle emittenti locali. L'ultimo programma a creare scalpore attorno al Forteto è stato Le Iene di Italia 1, con due lunghi servizi trasmessi tra fine aprile e i primi di maggio.

Il clamore è stato accompagnato dalle intimidazioni. Una delle madri affidatarie del Forteto, tra i 22 rinviati a giudizio assieme al «profeta» Rodolfo Fiesoli (chiamato a rispondere di violenza sessuale, violenza privata e maltrattamenti), ha insistito, dopo tanto tempo, per rivedere in un bar della zona una ragazza affidatale per anni. «Devi smorzare le accuse e parlare con uno dei nostri avvocati. Sai, cara, se andremo al processo saranno almeno in dieci a tartassarti»: minacce esplicite che la ragazza ha registrato di nascosto rivolgendosi poi al procuratore aggiunto Giuliano Giambartolomei e al sostituto Ornella Galeotti, titolari delle indagini. La registrazione è agli atti dell'inchiesta.
Questo episodio risale all'anno scorso. Dopo il rinvio a giudizio del 13 aprile i casi si sono moltiplicati. A Pietracito sono stati tagliati i fili del telefono di casa.

«Sabato 17 aprile navigavo regolarmente in internet - ha raccontato il presidente dell'Associazione vittime del Forteto - Mi trovavo con una delle persone che hanno testimoniato. Improvvisamente è andata via la linea e non è tornata. “Sarà caduto un albero”, ho pensato. Ho chiamato la Telecom, ma si sa che passa del tempo prima che riparino il guasto. Dopo pranzo sono andato con mio figlio a dare un'occhiata alla linea telefonica. A 700-800 metri da casa, lungo la strada che porta soltanto alla mia casa colonica, ho trovato il cavo tagliato. Poi mio figlio, seguendo il cavo, ha scoperto che era stato reciso in altri tre punti. Ho informato il maresciallo di Scarperia, che ha mandato un appuntato a controllare. E l'appuntato ha verificato che la linea telefonica era stata tagliata in quattro punti, probabilmente con un coltello a serramanico».
Una ex ospite del Forteto ha trovato per nove volte le gomme della sua auto bucate da chiodi. Un altro ha avuto danni alla carrozzeria della vettura. Un terzo, Eris Fiorenza, 23 anni, ha denunciato un'azione di «mobbing»: nel 2012 la coop non gli ha rinnovato il contratto a tempo determinato. Non l'ha riassunto nemmeno come avventizio quando il caseificio ha dovuto prendere nuovi collaboratori. E in comunità, dove saltuariamente tornava a dormire, la sua stanza è stata assegnata a un'altra persona. Senza casa, senza lavoro, senza il sussidio di 200 euro mensili (più una somma per le sigarette) che spetta ai membri dell'associazione.

Casualità? Coincidenze astrali? Non lo è di certo l'aggressione subita da Christopher Bimonte, un ventenne ancora ospite del Forteto che su Facebook aveva espresso soddisfazione per il filmato delle Iene. Il ragazzo era andato a Vicchio per vedere la trasmissione con alcuni amici: tra gli intervistati c'era anche suo fratello Jonathan, uno degli accusatori del «profeta». Con il telefonino ha scritto un commento su Facebook. Quella stessa notte, arrivato al Forteto, secondo la denuncia presentata ai carabinieri di Vicchio è stato preso a calci e pugni da uno della comunità. È scappato nel bosco dove ha chiamato l'Arma e gli amici. Al pronto soccorso di Borgo San Lorenzo gli hanno medicato i traumi al volto (labbro spaccato) e al petto.

La mattina dopo è tornato in comunità scortato dai militari e ha fatto fagotto. Soltanto la sua madre affidataria, al Forteto, gli si è avvicinata per parlargli.
(6-Fine le puntate precedenti sono state pubblicate il 16-17-18-19-20 maggio)

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