La fronda interna si scatena. "Renzi mandi a casa Gentile"

Nel Pd la minoranza chiede il licenziamento del sottosegretario. Ma il premier intende rinviare la resa dei conti: prima vuole chiudere la partita dell'Italicum

La fronda interna si scatena. "Renzi mandi a casa Gentile"

Roma - «Oggi siamo concentrati sulla crisi in Ucraina», dice Matteo Renzi. E certo i fatti di Crimea sono drammaticamente all'ordine del giorno, e più urgenti del caso Gentile, tanto che il capo del governo ha deciso di tornare a Roma a ora di pranzo da Firenze e di convocare un vertice coi ministri degli Esteri e della Difesa, Mogherini e Pinotti. Ma il premier non sottovaluta per nulla la grana calabrese che gli è scoppiata tra le mani dopo la nomina a sottosegretario del ras delle preferenze Ncd («Controlla persino tutti i rom di Calabria, sono ai suoi ordini», spiega un dirigente locale del Pd), accusato di aver bloccato l'uscita di un giornale che riportava notizia di un indagine sul suo rampollo. Una grana cavalcata con durezza dalla minoranza Pd, che sfida il premier a licenziare subito Antonio Gentile dal governo, e ingigantitasi ieri quando un plotone di direttori di giornale, dall'amico Ezio Mauro a Ferruccio de Bortoli, da Enrico Mentana a Mario Calabresi a Roberto Napoletano, è sceso in campo - intervistati dal Fatto - per chiedergli di rimuoverlo in nome della libertà di stampa. Un coro inedito, per proporzioni e per influenza, che rende impossibile far finta di niente.

Ma che la mina andasse disinnescata in fretta il premier lo aveva già chiaro, e lo dimostra un episodio andato in scena al congresso del Pse, sabato scorso nella Capitale: una giovane militante del Pd calabrese, Anna Rita Leonardi, ha avvicinato in quella sede Renzi e lo ha pregato di «risolvere» una questione che sta facendo ribollire il partito. Il premier le ha assicurato che lo farà, lei gli ha chiesto: «Posso scriverlo su Twitter, così i nostri stanno più tranquilli?», e lui le ha dato via libera: «Fai pure». Così la Leonardi ha diffuso via social il messaggio: «Dopo un breve colloquio, Matteo Renzi mi ha promesso che si occuperà della questione Gentile in Calabria. Era seriamente infastidito e mi ha detto che interverrà». Già, ma come? Ieri il coordinatore del Pd Lorenzo Guerini, intervistato da Repubblica, ha chiesto ad Angelino Alfano e al Ncd di mettersi una mano sulla coscienza: «Gentile ci è stato indicato un partito alleato, ma le critiche a questa indicazione stanno diventando un problema. Chi lo ha proposto deve fare una riflessione sull'opportunità della scelta». Gli alfaniani però difendono a spada tratta il loro uomo, che controlla il più ricco serbatoio di voti del partito e rischiano troppo a mollarlo. «Gentile deve andarsene, non c'è scelta», dice un esponente renziano di governo. Che ricorda che «come lo ha nominato, il premier può revocarlo». Basta un tratto di penna, tecnicamente. La partita però rischia di intrecciarsi con quella assai delicata della legge elettorale, che inizia domani nell'aula di Montecitorio, e sulla quale il premier deve trovare un'intesa con Ncd per evitare che la riforma si blocchi. Ragion per cui i renziani preferirebbero rinviare la resa dei conti su Gentile a dopo il voto della Camera. «Il caso si risolverà nei prossimi giorni», dice Ernesto Carbone. Un ultimatum inequivocabile arriva da Rosy Bindi: «Non c'è il minimo dubbio che la nomina di Gentile debba vedere subito l'impegno del presidente del Consiglio, e anche del ministro dell'Interno, a revocarlo. Non può restare al suo posto».

Anche perché, avverte la Bindi, il sottosegretario potrebbe entrare nel mirino della Commissione antimafia da lei presieduta: «La registrazione di quella telefonata inquietante apre una pista importante di ricerca per la Commissione, sull'intreccio tra poteri mafiosi e comunicazione».

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