Il giorno di Renzi leader Pd tra veleni e paura di brogli

In un clima da resa dei conti il partito incorona il nuovo segretario. E fino all'ultimo lo scontro non si placa: Civati accusa Cuperlo, caos seggi al Sud

Il giorno di Renzi leader Pd tra veleni e paura di brogli

A poche ore da fischio di partenza c'è un certo ottimismo, soprattutto in casa renziana: l'affluenza alle primarie (si vota oggi dalle 8 alle 20) potrebbe essere maggiore di quanto ci si aspettasse nelle ultime settimane. Merito, dicono, della sentenza della Corte costituzionale, e del panico che si è diffuso di fronte alla deriva proporzionalista che ha innescato: lo stesso Romano Prodi, che aveva giurato di non votare, per vendicarsi della trombatura al Quirinale, ha annunciato di aver cambiato idea proprio perché «il bipolarismo è a rischio». Facendo quindi un indiretto endorsement a Matteo Renzi, il candidato che più verrebbe avvantaggiato da un aumento di affluenza (a differenza di Gianni Cuperlo, che conta sul voto d'apparato e sui pensionati portati a votare dallo Spi) e quello che si è fatto paladino della difesa del maggioritario. E ieri Renzi è tornato ad avvertire Letta: «Che c'entra il governo? La legge elettorale la farà il Parlamento e partendo dalla proposta del Pd». Si torna dunque a sperare di poter sfiorare i 2 milioni di partecipanti: sopra quella soglia, i sondaggi danno Renzi abbondantemente oltre il 60%, sotto la sua percentuale cala. Nelle ultime ore di campagna elettorale i tre candidati sono ancora in giro per l'Italia per comizi e manifestazioni (Renzi a Reggio Emilia, Cuperlo a Bologna, Civati in Sardegna), mentre i toni delle polemiche si infiammano. Pippo Civati attacca Cuperlo, accusandolo di approfittare degli indirizzari del partito per tempestare gli iscritti di telefonate e messaggi di propaganda: «Abbiamo fatto delle verifiche - spiegano i civatiani - e i militanti confermano di aver effettuato migliaia di telefonate, e di aver ricevuto i numeri di telefono da Tore Corona, responsabile nazionale dell'anagrafe degli iscritti e tesseramento. Si tratta di una gravissima violazione delle norme sulla privacy: il Pd non può concedere i dati di migliaia di suoi elettori ad altri utilizzatori che non siano il partito stesso, e che questo sia avvenuto per opera del responsabile anagrafe è inaudito, Epifani intervenga e dimissioni il responsabile, immediatamente».

Anche dal fronte renziano si spara contro la trincea cuperliana, in particolare in Sicilia. Dove Davide Faraone, deputato vicino al sindaco di Firenze, fa fuoco e fiamme contro Mirello Crisafulli, storico capo assoluto del Pci-Pds-Ds e ora Pd in quel di Enna: «È intollerabile che abbia piazzato il seggio per le primarie dentro la sua segreteria», denuncia. «Il lupo perde il pelo ma non il vizio: o lo sposta di lì, oppure occuperemo la sua sede. Così si rischiano primarie fasulle, altro che aperte». La preoccupazione di un «controllo del voto» è alimentata dal risultato delle votazioni tra gli iscritti, che due settimane fa a Enna hanno dato il 100% dei consensi a Cuperlo. La risposta di Crisafulli è tranchant: «È solo l'ennesima trovata di Faraone per far rumore. Vengano pure ad occupare il seggio, sarò contento di riceverli. Poi chiamerò i carabinieri». A Salerno, dove il volitivo sindaco Vincenzo De Luca, schierato con Renzi, il Pd nazionale ha inviato due «osservatori», incaricati di certificare la regolarità delle operazioni di voto dopo gli scontri feroci e le inchieste giudiziarie degli ultimi mesi.

Si litiga anche sulla composizione dell'Assemblea nazionale Pd, che verrà eletta domani nelle liste collegate a ciascun candidato: la Commissione per il congresso ha infatti cucinato in extremis un codicillo in base al quale entrano di diritto nell'organismo gli ex segretari nazionali del Pd; il presidente del Consiglio dei ministri (Enrico Letta); i ministri Pd in carica (Franceschini, Delrio, Kyenge, Bray, Carrozza, Orlando, Zanonato, Trigilia) e anche un sottosegretario (uno solo, non si capisce perché), quello che ha la delega ai servizi segreti: Marco Minniti. «Altro che primarie, qui siamo alla lottizzazione bella e buona», insorge Peppe Fioroni.

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