GIUSTIZIA E POLITICA

Da grande accusatore ad accusato (e arrestato) per bancarotta fraudolenta. Che fine ingloriosa per Vincenzo Angelini, ras delle cliniche abruzzesi, considerato un supertestimone d’eccellenza da quella procura di Pescara che sbandierando «prove schiaccianti» - ad oggi inesistenti - non lo aveva arrestato come chiedevano i carabinieri preferendo sbattere in galera il governatore Ottaviano Del Turco e qualche suo presunto sodale. Fine scontata per l’imprenditore con l’acqua alla gola, che raccontò al procuratore Trifuoggi (quello del noto fuorionda con Gianfranco Fini) d’aver dato mazzette a politici e amministratori locali di cui, però, non s’è trovata traccia in alcun angolo del pianeta battuto con oltre cento rogatorie. Fine già scritta, perché quando s’è capito che la magistratura di Chieti (e non quella di Pescara) stava andando a fondo al crac del suo gruppo «Villa Pini», la «gola profonda» provò a mettere al sicuro quadri e opere d’arte nascosti in garage: venne beccato sul più bello dalla finanza. Da ieri, dunque, la già zoppicante inchiesta su Del Turco rischia il crollo. L’uomo che ha detto di aver dato tangenti ai politici è agli arresti domiciliari. Le accuse ricalcano quelle già (inutilmente) evidenziate alla procura di Pescara da altri organi inquirenti (carabinieri del Nas e Gdf) e di controllo (la Banca d’Italia): ovvero più che sospette movimentazioni bancarie che hanno già portato alla procedura fallimentare della clinica Villa Pini e delle altre aziende del gruppo. Il gip, sul punto, è chiarissimo quando parla di «continui prelievi da parte di Angelini di somme di denaro per oltre 95 milioni di euro dai conti correnti intestati alla clinica Villa Pini a favore principalmente di se stesso o della Nuova Fin Spa, holding del gruppo, ponendo in essere una concreta sostituzione fraudolenta dell’attivo finalizzata a surrogare liquidità certe con crediti difficilmente esigibili». E poi «iscrizione nei bilanci della società Villa Pini di fittizi valori dell’attivo» nonché «aumenti ingiustificati delle passività della casa di cura attraverso l’iscrizione di ipoteche per 30 milioni di euro sugli immobili finalizzate all’ottenimento di ulteriori liquidità». Prelievi effettuati con «artifizi e aggiustamenti contabili», così come accertato dai consulenti tecnici della procura (di Chieti, non di Pescara), che hanno portato ad atti «di vera e propria dissipazione». Il gip Marina Valente ha disposto anche il sequestro preventivo del «tesoro» di Angelini (fra cui quadri di Guttuso, De Chirico e Tiziano) che in minima parte avrebbe fatto comodo ai 1.500 dipendenti di Villa Pini che da oltre un anno non percepiscono più lo stipendio. La «distrazione» delle finanze del Gruppo ammonterebbe dunque alla stratosferica cifra di 100 milioni di euro. Un indizio dell’ecatombe finanziaria lo si era avuto durante le indagini che portarono in cella Del Turco allorché venne accertata la distrazione di 21 milioni di euro mediante la sottoscrizione di contratti di sponsorizzazione di comodo.

Ma anziché seguire la pista che portava al dissesto attraverso prelievi sospetti, si preferì dare credito al superteste che proprio partendo da alcuni prelievi motivò l’elargizione ai politici. Le tangenti non sono state trovate, Angelini è finito agli arresti. Bel risultato.
GMC

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