Governo di scopo o istituzionale: le scelte anti caos del Quirinale

Napolitano arriva in Germania e assicura l'alleato: l'Italia non deraglierà. Il tentativo di un esecutivo Pd-M5S può aprire la strada alle larghe intese

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Maradona per fortuna è già tornato a Dubai. Ma se il Pibe non avrà udienza, c'è un altro faccia a faccia effervescente che Giorgio Napolitano non potrà evitare, quello con Beppe Grillo: il portavoce di M5S si presenterà infatti al Quirinale per le consultazioni. Il capo dello Stato non si scompone. «Sono assolutamente sereno, è tutto sotto controllo», spiega ai preoccupati tedeschi, «la prova è importante ma la supereremo». L'Italia non deraglierà e presto avrà un governo. Quale? «Aspetto le riflessioni dei partiti», risponde, in particolare del Pd, chiamato così a prendersi le responsabilità del caso. Il presidente è quindi convinto che esistano margini di manovra e prepara due piani per uscire dallo stallo, sintetizzabili così: governo di scopo e governo istituzionale.
A Monaco, prima tappa del suo viaggio in Germania, Napolitano cerca di restare alla larga dal balletto post-voto. «Cercheremo di avviare su un sentiero costruttivo la formazione di un nuovo governo. Io non sono chiamato a commentare i risultati elettorali - dice - Sono chiamato ad attendere con egual rispetto per tutti che ciascuna forza politica, in piena legittimità e autonomia, faccia le sue riflessioni, che poi mi verranno prospettate. Solo allora trarrò le conclusioni». Poche frasi, ma dentro c'è già la traccia per capire come intende placare quella che i costituzionalisti hanno definito «la tempesta perfetta».
Ebbene, per tirare fuori il Paese dalla secche, Napolitano userà «la strategia del carciofo»: una foglia dopo l'altra, un problema dopo l'altro. Paradossalmente il fattore tempo da nemico sta diventando alleato. Da un lato la fretta obbliga il sistema a trovare una soluzione prima del 15 aprile, data d'inizio per le votazioni per il nuovo capo dello Stato: siamo nel semestre bianco e Napolitano non può più sciogliere le Camere.

Dall'altro il lento e barocco protocollo regalerà un mesetto ai partiti far decantare gli animi e organizzare mosse di facciata, in attesa del momento opportuno per eventuali intese. Le nuove Camere dovrebbero insediarsi il 15 marzo. Da qui ad allora Bersani avrà il modo di «fare le sue riflessioni», cioè tentare di agganciare Grillo su un programma punto su punto, sul modello della Regione Sicilia, verificandone magari la difficile praticabilità e rassegnandosi poi a trattare con il Pdl. Lo schema piace al Cavaliere, che vorrebbe mettere nella partita anche il Quirinale, un po' meno al segretario del Pd. Bersani, in quanto leader di uno schieramento con della maggioranza assoluta a Montecitorio e relativa a Palazzo Madama, spera che il capo dello Stato gli dia comunque l'incarico. Cosa possibile, almeno stando alla prassi istituzionale, ma non automatica, visto anche l'invito alla «riflessione».
Il fattore tempo servirà dunque per tentare un «governo a vista» Pd-M5S e per far maturare le condizioni, se ci sono, per un governo di scopo Pd-Pdl. Il banco di prova sarà l'elezione del presidente del Senato: alla Camera il centrosinistra è autosufficiente. E se l'intesa non verrà trovata, proprio la seconda carica dello Stato potrebbe traghettare l'Italia in mari (appena) meno agitati. Infatti, nonostante la sapienza diplomatica di Napolitano, mettere insieme tre «poli incoalizzabili» resta un'operazione difficilissima. Un mandato, pieno o esplorativo, al presidente del Senato mentre il Paese sceglie il suo nuovo capo dello Stato.

E qui che, nonostante le sue riluttanze,

torna in ballo Re Giorgio. Il ministro degli Esteri tedesco Westerwelle giudica «essenziale che l'Italia abbia un governo stabile». Barroso e Rehn si dicono convinti che «Napolitano troverà la soluzione». Il bis è più vicino?

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