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Il grande flop del procuratore anti-Pdl

Nel 2011 Laguardia fece arrestare l'ex assessore Bernini. Ma le accuse sono cadute una dopo l'altra

Gerardo Laguardia, procuratore capo di Parma
Gerardo Laguardia, procuratore capo di Parma

dal nostro inviato a Parma

Accendi l'Ipad e ti ritrovi in carcere. Cose che succedono nel Paese delle stranezze. Cose che capitano per caso. Magari se sei un assessore, magari se sei del Pdl, magari se ti ritrovi nella giunta dell'unico Comune governato dal centrodestra, circondato dal profondo rosso della Regione. Sono accadute a Parma queste stranezze. Praticamente l'altro ieri. E i sismografi che rilevano stranezze conducono sempre al solito epicentro: la locale Procura.

È il 26 settembre del 2011 quando, all'alba, Giovanni Paolo Bernini, 50 anni, pidiellino, già nel 2002 stretto collaboratore del ministro alle Infrastrutture Pietro Lunardi e, all'epoca, assessore comunale alla Scuola, viene prelevato dalla sua abitazione dalla Finanza e condotto in caserma. Qui viene parcheggiato per oltre due ore senza che gli venga data alcuna spiegazione ma, nel frattempo, come da collaudato copione, il procuratore capo, oggi «reggente» Gerardo Laguardia, chiama a raccolta giornalisti e soprattutto telecamere, per dare il via alla solita pirotecnica conferenza stampa in cui, oltre a spiegare le motivazioni dell'arresto distilla parole e valutazioni non propriamente asettiche sulla «condotta» di Bernini. Ma quali erano le motivazioni dell'arresto?

Sostanzialmente quattro. Prima: in cambio di un Ipad, avuto da un imprenditore, avrebbe modificato la destinazione di un'area in cui sorgeva un centro commerciale, sede, tra l'altro, di un asilo privato convenzionato con il Comune. Anche l'imprenditore ovviamente viene arrestato. Seconda accusa: Bernini avrebbe chiesto soldi ad un imprenditore e, davanti al rifiuto, lo avrebbe minacciato. Terza: avrebbe tentato di togliere ben 90 multe che il suocero ottantenne, pur in possesso di regolare permesso, aveva preso passando sotto i varchi appena installati mentre andava a trovare la moglie in ospedale. Quarta: un collaboratore di Bernini, che era anche il suo mandatario elettorale, chiese ed ottenne una sponsorizzazione per una società sportiva da una azienda che gestiva le mense scolastiche e della cifra raccolta consegnò 7900 euro a Bernini.

Ebbene vediamo cose è accaduto dopo. Il tribunale del Riesame di Bologna stabilì, giusto 15 giorni dopo, che l'imprenditore-corruttore era innocente e che né l'assessore né l'amministrazione comunale avevano compiuto alcun favoritismo o illecito. E l'Ipad dello scandalo venne riconsegnato a Bernini dalla Finanza. Quanto alla seconda accusa il presunto imprenditore venne interrogato. Peccato che non solo non fosse un imprenditore, ma anche un amico di infanzia di Bernini che, nel 2007 in gravi difficoltà finanziarie, chiese in prestito all'assessore 4mila euro. Trascorsi quattro anni Bernini, un po' scocciato, gli chiese di restituire quel prestito e ricevette in cambio un assegno che non fu mai incassato perché scoperto, anche in questo caso assegno restituito dalla Guardia di Finanza. E le multe? Furono annullate non dal Comune e quindi non per presunte pressioni di Bernini, ma da un Giudice di pace dietro regolare richiesta del suocero che aveva il permesso per entrare nella Ztl. E i denari per la sponsorizzazione? Bernini non modificò il contratto con l'azienda di refezione anche se in proposito il Procuratore capo, commentando la vicenda, parlò di «vergognosa speculazione sui pasti dei bambini...»

Morale? Ventun giorni di carcere, due mesi agli arresti domiciliari, una gogna mediatica (enfatizzata da un filmato diffuso in cui un tizio che non era lui ritirava una tangente) ma in compenso niente scuse a Bernini da parte della Procura (che ha incassato senza fare alcun ricorso).

L'ex assessore, dopo quanto è successo, ha perso anche l'incarico di membro del Cda di FormezItalia spa il centro servizi per la pubblica amministrazione voluto da Brunetta, di membro dell'Osservatorio per la disabilità, ideato da Sacconi, e si è licenziato dall'Università di Parma. Davvero un bel risultato per un'inchiesta destinata a fare il botto come aveva annunciato trionfalmente la Procura di Parma.

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