Roma - Chi sognava il miracolo dell'ultima ora oggi avrà un risveglio poco piacevole. Un punto di Iva in più applicato alla stragrande maggioranza di prodotti; aumenti medi di un euro per un pieno di benzina; parcelle di professionisti e idraulici sottoposti all'aliquota ordinaria che passa dal 21 per cento al 22. Il destino dell'imposta su beni e servizi era segnato, già prima della crisi di maggioranza. Il ministero dell'Economia preparava alternative altrettanto onerose, come l'aumento delle accise sui carburanti. La crisi è diventata un pretesto per non prendere decisioni impegnative.
Ma non è finita qui. Il terremoto nella maggioranza ha riportato le politiche fiscali al centro della contesa politica e così la seconda rata dell'Imu, la cui cancellazione decisa con il decreto Imu di fine agosto era e resta senza coperture, ha buone probabilità di saltare.
E c'è dell'altro. Nel mirino di chi non era d'accordo con l'operazione del governo sull'Imu, magari perché la considerava una sconfitta politica, è finita anche la prima rata Imu. Era stata rinviata a giugno e cancellata via decreto a fine agosto, ora c'è chi vuole riesumarla. Le prime avvisaglie ci sono state nei giorni scorsi. E ieri, con i primi emendamenti al disegno di legge che deve convertire il decreto Imu, il tentativo è venuto allo scoperto.
Una proposta di Enrico Zanetti di Scelta Civica, il partito di Mario Monti (il premier che ha introdotto l'Imu) chiede di sostituire l'abrogazione della sola prima rata sull'abitazione principale con maggiori detrazioni. In sostanza una franchigia che lascia scoperti molti proprietari di prima casa, come proposto a suo tempo dal Pd. «Così facendo, senza bisogno di coperture aggiuntive a quelle già trovate nel decreto - spiega Zanetti - diamo immediata attuazione all'abrogazione di fatto anche della seconda rata per circa il 70% delle famiglie italiane». Se dovesse passare la proposta di Scelta Civica, a ridosso del Natale, circa sei milioni di italiani (quindi non proprietari di abitazioni di lusso, ma classe media) dovranno versare due rate di imposta che avevano messo in conto di non pagare più.
Forse l'emendamento dei montiani non passerà e sarà derubricato a proposta di bandiera pro tasse, ma il decreto ha comunque alte probabilità di essere modificato. Il presidente della Commissione Finanze della Camera Daniele Capezzone (Pdl) ha assicurato che può essere convertito «in qualunque momento, anche a Camere sciolte». Ma ieri il presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia (Pd) ha detto che, sì, il «decreto legge lo vareremo a tutti i costi» ma «il Parlamento è sovrano».
Primo effetto dell'incertezza, il termine per presentare gli emendamenti è stato spostato. Scadeva ieri ed è slittato a giovedì prossimo. Potrebbe diventare un campo di battaglia, nel quale il centrosinistra cercherà di vendicarsi sul Pdl, riproponendo la sua versione progressiva dell'imposta. Non è nemmeno escluso che la conversione del decreto salti riportando in vigore la vecchia normativa. Se dovesse realizzarsi questo scenario, bisognerà pagare per intero entrambe le rate Imu. Una stangata da 4,8 miliardi da saldare in un'unica soluzione.
Per il momento resta il conto degli altri rincari, quelli da Iva. Secondo le associazioni dei consumatori le ricadute per le famiglie andranno dai 207 ai 349 euro l'anno. Per non parlare dell'impatto sui consumi, già depressi.
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