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Grillo difende i "parrucconi": il Senato non va abolito

Dopo aver fatto strada mandando tutti "affa..." ora Grillo si ritrova a difendere il bicameralismo perfetto: "Ci vuole un organo di controllo oltre la Camera. C’è in tutta Europa e nel mondo"

Grillo difende i "parrucconi": il Senato non va abolito

Udite udite: Beppe Grillo difende i "parrucconi" del Senato. Proprio lui che voleva (a parole) mandare a casa i politici perditempo e inconcludenti, torna sui suoi passi e difende l'ultimo fortino della politica che non vuole essere riformata. La scusa è questa: boicottare la nuova legge elettorale frutto dell'accordo tra Renzi e Berlusconi. L'Italicum, infatti, vale solo per la Camera perché per Palazzo Madama si prevede una riforma più radicale, ponendo fine, nei fatti, al bicameralismo perfetto sempre indicato, da tutti, come una delle cause dell'eccessiva lentezza del nostro sistema politico, incapace di stare al passo coi tempi attuando, con la dovuta velocità, i provvedimenti necessari al Paese.

Grillo getta la maschera e dimostra che il suo desiderio è quello di far saltare tutto, mettendosi di traverso rispetto al cambiamento. A Matrix (in onda stasera su Canale 5) spiega la sua posizione: "Il Senato può essere diminuito come membri, come costi, ma ci vuole un organo di controllo oltre la Camera. È necessario, c’è in tutta Europa, in tutto il mondo". E per suffragare la propria tesi snocciola un po' di dati: "Per questioni economiche, il Senato oggi costa 550 milioni l’anno: anche se togli i senatori e li metti senza stipendio risparmi 50/60 milioni, ma non risolvi". Ma Grillo, dunque, cosa propone? "Togliamo i deputati, togliamo i senatori facciamo come abbiamo detto noi: più di due legislature vanno a casa, metà stipendio, togliamo tutti i rimborsi elettorali, togliamo tutti i costi della politica, togliamo le pensioni, gli incentivi e facciamo una riforma pazzesca".

Il leader del Movimento 5 Stelle va all'attacco a testa bassa di Renzi: "E' messo lì per proseguire quello che proseguivano gli altri... l’agenda Monti, l’agenda Letta". E di nuovo sul sistema elettorale: "Non esiste una legge perfetta, c’è la meno peggio però bisogna decidersi su che tipo di Parlamento vogliamo: un Parlamento di senatori nominati e allora qui c’è in ballo la democrazia, non la Camera o il Senato. Qui - ha concluso - non c’è più la democrazia".

Di Maio: siamo per la parità delle Camere

In una lettera al Corriere della sera LUigi Di Maio, vicepresidente della Camera in quota M5S spiega che il bicameralismo perfetto rappresenta "un virtuoso meccanismo tramite il quale il Parlamento è in
grado di ponderare adeguatamente le scelte complesse e delicate che si trova ogni giorno ad affrontare". E prosegue la propria analisi: "Sono piene le cronache politiche di proposte di legge approvate da una Camera e per le quali la stessa maggioranza riconosce la necessità di un perfezionamento in seconda lettura. Sta succedendo in queste settimane con la legge elettorale".

Per Di Maio già esistono strumenti per legiferare in tempi rapidi: "Dai procedimenti decentranti" scrive "fino ad arrivare alla deliberazione d’urgenza sui progetti di legge e ai decreti legge per le situazioni di straordinaria necessità e urgenza".
Il testo costituzionale necessita senz’altro di una manutenzione - ammette -. Penso, innanzitutto, alla riduzione del numero dei parlamentari. Occorre, altresì, limitare il ricorso alla decretazione d’urgenza e inserire nuovi strumenti di partecipazione popolare, nonchè rivedere il nuovo riparto di competenze tra Stato e Regioni. Fondamentale - sottolinea Di Maio - è quindi non confondere i cosiddetti costi della politica con quelli della democrazia. Trovo semplicistico trattare la questione delle riforme con la calcolatrice anche perchè - in questo caso - i risparmi sarebbero davvero trascurabili" poiché "il Senato verrebbe trasformato e non soppresso» e «il numero dei deputati rimarrebbe invariato".

A stretto giro di posta arriva, su Twitter, la replica di Andrea Marcucci, senatore del Pd: "Il Movimento 5 Stelle doveva combattere la partitocrazia, è finito a difendere le Province e 315 scranni del Senato con relative indennità".

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