I democratici garantisti lasciano solo Pier Luigi

L’appello di Napolitano attrae big come Fioroni e Sposetti e spiazza i "manettari" anti Cav che guardano a Grillo. Dal comico toni forcaioli: Berlusconi come Craxi

I democratici garantisti lasciano solo Pier Luigi

La presa di posizione di Giorgio Napolitano piom­ba come un maglio al ter­mine di una giornata ad alto tas­so di impazzimento politico. E nessuno o quasi, nel Pd, vuole commentare quella dura difesa dell’autonomia della politica dal­l’interventismo giudiziario (di­cono, gli amici di Napolitano, che il presidente in questi giorni sia stato molto colpito anche dal­la paradossale vicenda del pro­cesso- farsa contro Ottaviano Del Turco, con l’accusa che si sbriciola senza che dal Pd, che abbandonò al suo destino il go­vernatore «deposto»dell’Abruz­zo, si sia levata mezza voce). Mentre Beppe Grillo ironizza sul Cav: «Berlusconi teme di fare la fi­ne di Craxi ma sarebbe la sua for­tuna. Senza Ghedini,Bondi Alfa­no e D’Alema troverebbe il para­diso ».
A schierarsi senza se e senza ma con il capo dello Stato c’è pe­rò un garantista di provata fede come Ugo Sposetti: «Io sto con
Giorgio, in tutto e per tutto», dice senza esitazioni. Ma che il moni­to presidenziale sarebbe arriva­to sul palazzo, e che sarebbe sta­to mirato a bacchettare non solo le manifestazioni di piazza sotto il palazzo di Giustizia, ma lo stra­bordare dell’azione giudiziaria che sta contribuendo a terremo­tare una fase politica già caotica, molti lo avevano percepito.
«Per fortuna il presidente Na­politano lavora molto, e bene», diceva a metà pomeriggio l’ex mi­nistro Pd Peppe Fioroni. Che sot­tolineava come fosse «un gesto
assai significativo» quella convo­cazione del Csm, dopo l’incon­tro con la delegazione del Pdl e le bacchettate a proposito della sconveniente adunata milane­se, e le minacce di Aventino. «È chiaro che sta rivolgendo un ap­pello alla moderazione a tutte le parti in causa»,spiegava Fioroni.
Perché, è il ragionamento che diversi esponenti del Pd fanno a microfoni spenti, la raf­fica
impressionante di azioni giudiziarie che sta colpendo l’ex premier Berlusconi compli­ca enormemente una partita politica già improba, e di cui nessuno sa prefigurare lo sboc­co. «La soluzione più logica del­l’ impasse sulle presidenze - ra­gionava per esempio un parla­mentare vicino a Veltroni - sa­rebbe quella di affidare la guida di Montecitorio, dove abbiamo una salda maggioranza, ad un Pdl civile come Maurizio Lupi, e tenerci la presidenza del Sena­to ». E questo, inevitabilmente, «prefigurerebbe un accordo an­che su un governo “del presi­dente” che gestisca i prossimi mesi». Invece, «nel Pd c’è chi pensa seriamente di affidare la guida di Montecitorio a un qual­che sprovveduto grillino che non sa neppure a che serve la Camera, pur di avere i voti per Bersani».
Dal Nazareno, nessun com­mento ufficiale alle parole del presidente. C’è da credere che però abbiano colto di sorpresa, per la loro inusitata chiarezza. Pier Luigi Bersani aveva evita­to, lunedì, di esprimere giudizi sulla manifestazione Pdl a Pa­lazzo di Giustizia. Un po’ per­ché impegnato, tra Grillo e Ce­lentano, nella sua strategia di avvicinamento a Palazzo Chi­gi, un po’ per rispetto del ruolo di Napolitano, che il giorno do­po avrebbe fatto sentire la sua voce. Poi, dopo il primo comu­nicato del Colle ieri, il segreta­rio Pd si era sbilanciato, defi­nendo «sconvolgente», «senza precedenti», «ferita gravissima del meccanismo costituziona­le » l’iniziativa Pdl. Ieri sera, do­po la seconda puntata del ragio­namento quirinalizio, il Pd si è blindato in silenzio.

«In Italia sono quasi tutti impazziti, e Na­politano tenta di ricondurre un po’ di ragione da ogni parte-so­spira il senatore Pd Stefano Cec­canti, costituzionalista e politi­camente vicino alle posizioni del Quirinale, «ma non so con quanta speranza lo faccia».

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