I giudici spengono l'Ilva Bocciato il piano per salvarla

TarantoNo al piano di risanamento. E no anche al mantenimento minimo della produzione. In tarda mattinata il gip del tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, deposita in cancelleria la sua decisione e in quindici pagine boccia in pieno le richieste avanzate dall'Ilva scrivendo un capitolo importante in questa storia drammatica, in cui il futuro di oltre dodicimila dipendenti si intreccia con lo spettro di un inquinamento di massa. E così, il destino del colosso siderurgico più grande d'Europa approda a una fase delicata mentre in città ormai la tensione si taglia a fette, con i lavoratori che manifestano sulla ciminiera in attesa del miraggio di un'ancora di salvezza e Cisl e Uil che proclamano sciopero per oggi e domani. Nello stesso tempo, però, la vicenda giudiziaria va avanti. E sempre ieri il gip ha respinto le richieste di ritorno in libertà per gli ex presidenti dell'Ilva, Emilio e Nicola Riva, e l'ex direttore Luigi Capogrosso: tutti e tre restano ai domiciliari.
La bocciatura, contro la quale l'Ilva farà ricorso, era nell'aria. Ed era la conseguenza logica dei pareri trapelati nei giorni scorsi. Perché il piano dei vertici aziendali non aveva convinto nessuno: né i sindacati né i custodi giudiziali né la Procura. Ieri il magistrato ha messo nero su bianco il suo no alla proposta dell'azienda, che prevedeva un investimento di 400 milioni di euro per intervenire sull'area a caldo e tutelare la salute pubblica. Il giudice non usa mezzi termini. Nel suo provvedimento definisce «sconcertante» e «inaccettabile» la richiesta dell'Ilva di autorizzazione «all'attività produttiva non quantitativamente precisata, finalizzata alla sostenibilità e alla realizzazione del risanamento». «Non c'è spazio - prosegue il gip - per proposte al ribasso da parte dell'Ilva circa gli interventi da svolgere e le somme» da stanziare. Insomma, una bocciatura totale. Secondo il magistrato «i beni in gioco - salute, vita e ambiente, ma anche il diritto a un lavoro dignitoso ma non pregiudizievole della salute di un essere umano - non ammettono mercanteggiamenti». E su questo punto in particolare interviene a margine del question time il ministro dell'Ambiente Corrado Clini. «Chiederemo a Ilva di cominciare a rispettare adesso, con quattro anni di anticipo, quanto sarà stabilito nell'Autorizzazione integrale ambientale, per l'adeguamento degli impianti di Taranto, che stiamo completando in questi giorni; questo - aggiunge - non è mercato ma il modo corretto di intervenire a difesa della salute della popolazione: quello che mi auguro è che la decisione presa dal gip non interrompa il percorso avviato dal ministero».
Il piano dell'Ilva è stato consegnato in procura il 18 settembre scorso dal presidente dell'azienda, Bruno Ferrante: prevede tra l'altro un investimento di 400 milioni di euro per il risanamento dell'area a caldo, 146 dei quali già impegnati per interventi in corso o programmati. Una misura ritenuta insufficiente alla luce della direttiva consegnata dai custodi giudiziali che indicano tutti i provvedimenti da eseguire. «Avevamo formulato un parere che al momento ha trovato accoglimento», dice il procuratore Franco Sebastio. La procura aveva sottolineato che quegli interventi erano già stati previsti da anni e fissati in una serie di accordi mai realizzati. «La colossale presa in giro degli atti di intesa - avevano scritto gli inquirenti - era un sistema ben rodato».
Intanto a Taranto la paura si mescola alla disperazione.

Ieri mattina nove operai erano saliti sulla passerella in cima al camino E312 della fabbrica e si sono incatenati esponendo tre striscioni di protesta e annunciando lo sciopero della fame e della sete; gruppi di cinque, invece, si alternano al presidio sulla torre dell'altoforno 5, il più grande d'Europa. Uno di loro ha consegnato una lettera al segretario Uilm, Antonio Talò. «Vi prego, fate sì che questo non sia un incubo», c'è scritto. Firmato: Un padre disperato.

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